Combinare i diversi impegni non era semplice, ma tutto sommato a Corinne piaceva la piega che la propria vita aveva preso in quell’ultimo periodo. Avere poco tempo libero la aiutava a non cadere vittima della malattia che più di tutte la perseguitava: l’overthinking. Certo, spesso avrebbe preferito sdraiarsi sull’erba nelle vicinanze del lago nero e accendersi uno spinello in santa pace piuttosto che starsene in biblioteca ad inventarsi schemi di gioco o ad organizzare la programmazione della radio, ma a trarne giovamento erano sia la sua salute fisica che quella mentale. Rintanata nel piccolo studio in cima alla Torre Est, se ne stava con il naso in mezzo a decine di scartoffie su cui aveva appuntate idee e quant’altro. «Ti sei perso?» chiese sprezzante al Serpeverde appena sbucato dalla porta di entrata di Radio Rospo. Il suo programma radiofonico, assieme al lavoro a Mielandia e alla squadra di Quidditch, era un qualcosa che per l’appunto sentiva suo e per questo motivo non amava essere interrotta o disturbata da persone che non rientravano nella propria cerchia di amicizie. Quello che si aspettava dalla comparsa del Salvatore era un annuncio veloce, qualcosa del tipo “sta bruciando la torre, dobbiamo evacuare”, non di certo che si sedesse lì con lei. La smorfia sul viso della mora fece trapelare tutto il suo essere stranita da ciò che stava succedendo, Corinne non riusciva seriamente a capire il motivo della sua presenza lì. «A fare cosa, censurarmi le parolacce con un bip?» si voltò nuovamente nella direzione della consolle, decidendo quindi che quella conversazione non aveva senso di esistere in quanto il Serpeverde le aveva rubato già troppo del suo prezioso tempo. Controllò rapidamente la lista delle richieste musicali del giorno, e dopo aver impostato la playlist la sua attenzione fu nuovamente chiamata all’ordine dalle parole senza senso che sentì pronunciare alla serpe. «Mi spieghi di quale cazzo di trovata stai parlando? La Rei ti ha obbligato ad “aiutarmi” con la radio?» mimò le virgolette, sbottando definitivamente verso di lui. Al motivo per cui si trovasse lì ci era arrivata da sola, anche se fingeva di non aver capito, ciò che restava un’incognita era la causa che aveva spinto la Rei ad una decisione del genere e soprattutto quella per cui Stefan avesse acconsentito. «Non vedo motivo per cui debba essere io a trovare una soluzione, tu non vuoi lavorare qui in Radio e mi sembra scontato specificare che io non ti voglio qui con me. Dillo alla Rei e stop, è una scuola non una dittatura. Da quando la preside può obbligare gli studenti a partecipare alle attività extra curriculari?» man mano che parlava sentiva il nervosismo salire. Se solo la preside le avesse spiegato il motivo per cui aveva deciso di farla affiancare sarebbe stato diverso, magari sarebbe stata lei stessa a proporre qualche nome, come quello di Karen o quello di Ralph. Così le sembrava solo una forzatura immotivata, rendeva spiacevole l’esperienza della radio sia a lei che per prima si era proposta per riattivarla, sia a lui che di base non aveva voglia di impegnarcisi. «E poi posso capire cosa c’entreresti tu con la radio? A stento conosco il suono della tua voce visto che non parli mai, come diavolo vorresti condurre un programma radiofonico?» continuò, ancora incredula per la situazione che le si era posta davanti. Se la Rei non la reputava all’altezza di gestire da sola quell’attività avrebbe dovuto parlargliene, non piazzarle un tipo a caso davanti senza la benché minima spiegazione. Inoltre Stefan di certo non era noto per il suo spiccato senso dell’umorismo o per la cordialità, senza considerare che fosse l’ex della sua migliore amica, quindi in alcun modo sarebbe riuscita a collaborare con lui in maniera pacifica. «Non credo ci sia alcuna soluzione, onestamente. Non esiste che io e te lavoriamo insieme, a meno che tu non decida di portarmi il caffè, smistare le lettere o cose del genere. Ti va?» era l’unico compromesso che avrebbe accettato. In effetti una sorta di segretario le sarebbe potuto tornare utile, a patto che se ne stesse zitto senza dare fastidio.