Abbiamo un problema

Privata

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    Una volta che Ronny era tornato al suo solito splendore Anna aveva deciso di non rimandare più l'inevitabile.
    Erano successe cose strane in quei mesi, se le cose si erano calmate stava solo nel fatto che, in quanto babbani, non avevano i mezzi necessari per sfondare la barriera magica, ma lei non poteva costantemente vivere nel terrore di ritrovarseli davanti anche solo andando a un parco.
    Ariadne poi stava crescendo, iniziava a sentire il bisogno di uscire con le amiche e non sapeva cosa sapesse del precedente lavoro del padre.
    Cosa lui le avesse veramente detto di quel periodo e cosa no.
    Così era giunta al villaggio magico li al Nord ed era diretta al Dragonfly Inn, dove era sicura di trovare Ty.
    Quando entrò l'aria era tranquilla, le persone sorseggiavano il loro drink in tranquillità, alcuni giocavano a bigliardo ed essendo lo stesso incantato talvolta si vedeva volare per aria una delle sfere, che prontamente poi planava dentro una delle buche designate.
    -Desmond- la stava aspettando, dallo sguardo che le rivolse era chiaro che non stesse sprizzando gioia da tutti i pori nel vederla, come sempre.
    -Dobbiamo parlare, come ti ho precedentemente anticipato, dove credi sia più opportuno?-
     
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    Quando le avevo detto che quella mattina ero meno impegnato del solito, ne aveva approfittato per essere molto più precisa, dicendo che ci saremmo allora di certo visti. Non avevo capito perfettamente quale fosse l’argomento del disguido stavolta, nella speranza che non volesse spostarsi chessò in Russia o altrove e portare con lei il bambino.
    Per quanto amassi Caterina e quanto lei amasse me, quando persino lei mi diceva che dovevamo parlare, mi scorreva un brivido lungo la schiena così lungo da farmi vibrare il petto.
    E donne solevano usare quel modo di dire qualsiasi cosa, sapendo di avere in quel caso la completa attenzione dell’uomo, anche quando dovevano poi consegnare loro la lista della spesa per Diagon Alley, e fui divertito nel costatare che non importava quale ruolo le mie donne ricoprissero o avessero ricoperto, su di me quella frase aveva sempre lo stesso effetto: agitazione.
    Perciò quando la vidi sulla soglia la attesi con i gomiti sul bancone.
    “Lo so, ho dimenticato il suo cappello, ma l’ho portato qui, è da qualche parte” il gentiluomo alla porta mi guardò cosciente che mi servisse aiuto “Mi prendi per favore quel cappello con gli ippogrifi in ufficio? E’ verde, starà sulla sedia o sulla scrivania” lui mi china il capo e si avvia per la strada corretta.
    “Simpatico vero? Non parla mai, ma proprio mai, ma ci sente, e pure bene, non ho capito nemmeno di dove sia in effetti, questo succede quando sono le donne ad occuparsi delle assunzioni” ma lei non sembrava in vena di conversare della qualunque e la solita, identica espressione funerea e seriosa che la contraddistingueva, era anche oggi sul suo viso, giusto per sottolineare che niente cambia mai davvero.
    “Dritta al punto, andiamo nelle cucine, i cuochi sono in pausa” le faccio segno di seguirmi, chiedendomi se avessi avvisato Caterina della venuta di Anna, prima che all’improvviso potesse trovarsela davanti e farmela pagare per due giorni a seguire, nessuno era geloso di nessuno a parole, ma nella pratica, io volevo spaccare la faccia a tre quarti dei suoi colleghi, e lei non credo avesse mai mandato giù troppo la questione di Anna ancora.
    Scendiamo le scale per le cucine, e già il profumo di cucinato mi assale “Attenta alla testa” le comando indicandole il soffitto delle scale troppo basso a metà scalinata. Le assi si scontravano con la cucina ricavata dalla grossa cantina aggiunta successivamente, quando gli affari erano incrementati al punto da costringerci a pensare ad un’altra zona dove piazzare il secondo cuoco, da che il primo era stufo di doppi turni massacranti.
    La cucina era deserta, le pentolone traboccavano ma obbedienti, il profumo di frutta secca e sugo era inconfondibile, chiedo “Vuoi qualcosa da mangiare?” e prendo una manciata di noci da sgranocchiare per allentare la almeno mia, tensione “Che succede?”
     
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    Passavano gli anni ma l'unico essere al mondo che non cambiava era proprio l'uomo che aveva davanti.
    Nascondeva l'agitazione dietro un fare simpatico che capiva solo lui.
    Anna comunque non era in vena di scherzare, non in quel momento che la preoccupazione la divorava dall'interno.
    Lo seguì nelle cucine sperando che fosse come diceva, e in effetti non c'era un'anima.
    -No, ti ringrazio- rispose educatamente per poi afflosciarsi sul primo sgabello disponibile.
    -Tieni- gli allungò delle missive che aveva nella borsa – sono lettere di minaccia, neanche troppo discreto il mittente- come lui stesso avrebbe potuto leggere a piè di pagina.
    Point mi sta col fiato sul collo, ho dovuto cambiare abitazione dopo che ha fatto esplodere il cottage dove ero in vacanza con .. beh, con Ronny- ora neanche sapeva se lui fosse a conoscenza o meno del nome del suo uomo ma non era di lui che stavano parlando in quel momento.
    -Ed ecco perchè ad Ade ho detto che non poteva più stare con me, e ti ho chiesto se potevi tenere Ivan con te- lo guardò in attesa che potesse esplodere da un momento all'altro -non mi è ancora chiaro se punta solo a me o alla mia famiglia, e non so neanche se ce l'abbia anche con te, ma nel dubbio Ariadne sarebbe meglio rimanesse al castello anche nei fine settimana.
     
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    Mi poggio all'indietro, sistemandomi meglio contro il piano della cucina, le noci vennero debitamente trucidate tra i molari, mentre mi trovo a chiedermi silenziosamente se Anna fosse stata sempre così minuta nei polsi, e soprattutto, perchè lo notassi in effetti solo adesso, l'idea mi balenò quando nel tentativo probabile di liberarsi dall'elastico del polso, aveva tirato su la mano come se stesse velocemente prendendo la presenza in classe.
    Poso il resto delle noci alla mia destra, sul piano pulito, prima di prendere le lettere. d'istinto pensai che fossero documenti legati a Ivan, avevamo una volta parlato riguardo la sua eventuale cittadinanza russa, ma immediatamente la mia supposizione si rivelò sbagliata, seguivo lei con lo sguardo, e poi aprivo le missive sentendo improvvisamente il cuore battere velocemente nel petto, rileggo più volte le stesse parole perchè il mio cervello si rifiuta di collegare.
    Quando pronuncia la parola Point, sento un brivido quasi doloroso levarsi dalla schiena fino al corrermi sulle braccia, e nonostante all'esterno, anni e anni di allenamento mi permettono di rimanere immobile e stoico, all'interno, mi viene da vomitare.
    L'ascolto, ma è come se fossi altrove.
    La prima persona a cui penso è Caterina, non c'era niente al mondo che avrei promesso di toccarla, niente avrebbe distrutto la nostra felicità e pace duramente conquistata, e così, come se fosse una valida alternativa, ho restituito le missive ad Anna e ho alzato le spalle.
    "Non è più un mio problema, io ho pagato il mio debito con Lei" nonostante avesse tenuto per anni segreta la sua identità, facendo ricadere la colpa sul marito, Lady Point, era una donna, con tutti gli annessi e connessi, e tutto ciò che con questo veniva. Si era occupata di me e di Ariadne, si era occupata di Liz quando non avevamo i soldi nemmeno per metterla in una bara. "Io ho parlato con lei anni fa, ho pagato il mio debito" Non si sarebbe mai, mai accorta che erano spariti per colpa mia quei due milioni di dollari in sterline da quello smercio, non avrei dovuto farlo, se li avessi chiesti per assicurare un futuro ad Ariadne me li avrebbe dati, forse anche di più. Ma a che prezzo. Quindi li avevo visti lì, non ci avevo pensato a lungo, e li avevo tenuti per me, dicendole che erano spariti, che mancavano circa due milioni all'appello ma che il restante era ancora lì. Lei si fidava di me. E quei soldi servivano come assicurazione sulla mia vita semmai mi fosse successo qualcosa. Solo mia madre sapeva dove fossero.
    "Questo vuol dire che è un problema che non mi riguarda" e nego con la testa come se non potessi fare altro "Te e Ronny. Chiunque sia" le avevo detto all'epoca che era difficilissimo entrare in quel mondo, ed era praticamente impossibile uscirne. Ora avrebbe visto con i suoi occhi cosa succedeva a chi pestava i piedi alla gente davvero sbagliata..
     
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    Anna studiò i movimenti di Ty, difficile capire cosa gli passasse per la testa ma non ci volle neanche molto visto che lui stesso, poco dopo, espresse a parole il concetto.
    Non era un suo problema.
    Lei pensò “bene” riprese le missive e se le mise nella borsa.
    “Non mi riguarda”.
    Avrebbe voluto fargli notare che se seguivano lei allora sapevano di Ariadne, sapevano di Ivan, e tutto sommato lei pensava fossero suoi problemi, Ariadne lo era sicuramente, non era neanche figlia di Anna.
    Ma liberarsi le mani anche di Ivan..
    Anna aveva sempre saputo che andare a parlare con Desmond sarebbe stato una perdita di tempo.
    Non lo aveva detto a Ronny ma aveva preferito andare sola, per evitargli questa scena.
    -Va bene, ti lascio al tuo lavoro allora- si mise in piedi e fece per andarsene poi tornò indietro – ti farò avere notizie dal mio avvocato, voglio che rinunci totalmente a Ivan, capirai che se te ne lavi le mani automaticamente non puoi ritenerti un genitore adeguato.
    Riguardo ad Ariadne spiegale perchè non possiamo più stare insieme, spiegale perchè non deve parlarmi quando siamo fuori dalla scuola
    - ognuno che si prendesse la briga di spiegare i fatti ai suoi figli – io spiegherò a Ivan come mai non ha più un padre- sarebbe stato anche abbastanza facile, visto che bastava dire la verità, “non era un suo problema”.
    -Addio Dasmond-
     
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    Quello che aveva sempre differenziato me e Anna, e me ed Olga, era questo, l'idea che avessimo un passato così diverso, così pesante, così duro che era praticamente impossibile per uno farlo capire all'altro. Ed eravamo, siamo talmente prepotenti e presi da noi stessi, talmente rancorosi e feriti che l'idea di capirsi, scade nell'idea di un inevitabile braccio di ferro. Nell'idea di distruggersi, e nell'idea di doversi spogliare nudo uno davanti all'altra. A volte ci pensavo, e tramite le parole di Ade, attraverso i miei ricordi, mi ero chiesto come potessimo esserci amati così tanto come dicevamo, sembrava un libro stampato che avevo letto e apparteneva a qualcun altro.
    E quelle scene erano qualcosa che mi spingevano, in serata, tra le braccia di mia moglie, comprensive e accoglienti. Odiavo gli scatti rabbiosi di Anna, non sopportavo e non avrei più sopportato il suo modo di giungere a conclusioni in modo così veloce, prepotente, o fai come dico io, oppure sei fuori dai giochi. Quando durante la notte pensavo al passato, al se avessi fatto tutto come dovevo, se fosse successo qualcosa di diverso, erano questi momenti che dovevo ricordare. Lei che si sbatte, lei che mi minaccia di non farmi vedere più mio figlio.
    "Scordatelo" e ci tengo a mettere un punto perchè se è lei che si è messa nei casini, lei ne esce, che se la prenda con Ronny e non con me, sono stanco di essere trattato come capro espiatorio di ogni suo gesto e casino. Se vuole aiuto, può porlo in modo diverso, ma mi accorgo che la minaccia di togliermi mio figlio mi ha così innervosito e stizzito che non sono più disposto ad accettare certi atteggiamenti. Poi Ade. Quindi la guardo e scuoto la testa seccato.
    "Buona giornata Anna" .
     
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5 replies since 3/5/2021, 13:59   139 views
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