Posts written by Laenor Velaryon

  1. .
    Quel che accadde subito dopo fu troppo lampante perché i riflessi dell’elfo riuscissero a reagire tempestivamente. Melinda approfittò dell’inaspettata entrata in gioco di Nèd per divincolarsi dalla presa del Mangiamorte.
    -Maledetta tu e tutte le tue sottane da strega!- imprecò Nèd quando la mano del Ministro andò ad afferrargli l’orecchio nel tentativo di trascinarselo da qualche parte. Odiava che le persone giocassero con le sue orecchie. In passato era capitato che i figli di un suo vecchio padrone si dilettassero nel farlo. Lo scopo, a quanto aveva potuto intuire la mente poco lucida dell’elfo, era capire se potessero diventare ancora più grandi. Da quella famiglia era stato cacciato perché una notte si era vendicato dei due monelli ficcando nei loro letti diversi topi morti che aveva gelosamente conservato per l’occasione per un’intera settimana. Ma di questo Nèd non aveva alcun ricordo.
    -Lascia! Lascia!- gracchiò picchiando la manina ossuta contro le dita serrate sulle sue adorate cartilagini.
    -Lasciami l’orecchio befaaaAAAaaaAAA!- ma la frase gli morì in gola trasformandosi in un urlo agonizzante.
    Il suo corpo fu costretto improvvisamente a terra, conosceva quel dolore, quella sensazione, e anche molto bene. Gli stavano scagliando contro uno di quegli incantesimi proibiti, non era la prima volta che lo facevano.
    Il corpo dell’elfo cominciò a fremere e contorcersi sotto l’influsso malefico del Crucio lanciato da Ares, mentre le sue urla si perdevano in un eco nell’ampia stanza. Ma accadde qualcosa, una serie di immagini cominciarono a vorticare nella mente di Nèd mentre la tortura proseguiva. In un istante decine di ricordi sepolti riaffiorarono, ricordi piacevoli, emozionanti. Come il primo oggetto brillante che aveva trovato. Si trattava di un semplice tappo di metallo abbandonato sul ciglio della strada. Aveva dovuto raccoglierlo di nascosto per evitare che il suo padrone, un uomo secco e poco più alto di lui, lo picchiasse per essersi distratto.
    Assaporò di nuovo, come fosse la prima volta, la fetta di torta fatta in casa che gli aveva fatto assaggiare la maga a cui era appartenuto tanti anni prima. O ancora, riuscì perfino a ricordare la prima volta che era stato scelto come Elfo Domestico della sua prima famiglia, il giorno più onorevole della sua vita.
    Quando il dolore cessò passò un lungo istante prima che anche la mente di Nèd tornasse al presente. Le ossa gli dolevano e il corpo era ancora preda di qualche convulso. A fatica mosse una mano mentre anche i suoi sensi iniziavano a disinibirsi. Il respiro era affannato, il cuore batteva all’impazzata, ma la mente, quella era fin troppo lucida. Il terrore puro, ecco cosa stava elaborando la sua mente. Era stato torturato più volte nel corso della sua lunga carriera di Elfo Domestico, e aveva imparato a proteggere quel poco che restava della sua lucidità rifugiandosi nei propri ricordi, sempre diversi e mai gli stessi due volte. Infine poi, questi lo abbandonavano tornando a dispersi nella penombra della sua mente.
    Con cautela tentò di muovere le dita intorpidite, dolevano.
    Perché il suo padrone lo aveva mandato in quel posto?
    “Nèd-Sà che deve stare sdraiato se gli fanno male…” pensò restando immobile e facendo dei respiri profondi.
  2. .
    Odiava quei corridoi erano così tetri, così freddi e incredibilmente vuoti. I piedi nudi del piccolo elfo calpestavano il marmo scuro producendo soltanto un breve suono tonfo che andava a morire contro l’alto soffitto della galleria che conduceva all’aula del Wizengamot. Per quale motivo il suo padrone aveva deciso di spedirlo là sotto? Poteva benissimo essere lui ad andare a casa ad avvertire la sua famiglia! Quel suo genitore, Maximiliam, lo innervosiva. Aveva sempre con sé quel vecchio bastone dalla testa di gallina che lo fissava e a Nèd non piaceva essere fissato, tantomeno da una gallina. Poteva brillare quanto voleva quella testa di uccello, non avrebbe ceduto mai al suo luminoso fascino!
    -Sarà di Nèd un giorno…- bisbigliò fra sé e sé sfregandosi le mani dalle dita nodose l’una contro l’altra, ma quel desiderio si spense in fretta quando l’elfo rischiò di scivolare a causa di una melma schifosa riversa sul pavimento.
    -Schifo ble! Elfi domestici fannulloni! Nèd vi augura che i vostri sudici padroni possano regalarvi le loro mutande più sporche e logore!- imprecò indietreggiando di una paio di passi da quella schifezza che scivolava lentamente da dietro la fessura di un alta porta su cui erano riportate due lettere. Nèd conosceva l’alfabeto e il suono di ogni lettera, gli era stato insegnato tempo a dietro ma non sapeva effettivamente leggere. Sapeva soltanto riconoscere i segni.
    -Vuuu-ciii…- disse lentamente assottigliando lo sguardo per riuscire a leggere da quella distanza.
    -Vuccì!- esclamò saltando sul posto, -Che nome stupido! Nèd ti augura di affogare nel tuo stesso Water! Che possa lo sciacquone portarti a quell’altro mondo!- era furibondo e iniziò ad ispirare e ad espirare convulsamente e fu soltanto dopo un paio di respiri profondi che l’odore rugginoso del sangue che aveva appena calpestato lo raggiunse davvero.
    Nèd saltò cadendo malamente sul proprio di dietro e trascinandosi lontano da quella macchia che continuava ad avanzare verso di lui, ma ben presto la sua schiena incontrò la scrivania della segretaria che ora giaceva aldilà della porta di Vuccì.
    -I Ma-ma-mangiamorte! N-nèd deve dire… deve avvertire i-i-il genitore Carter!- farfugliò mentre i grandi occhi blu fissavano imperterriti la densa macchia davanti a lui. Perché il suo padrone lo aveva costretto a scendere la sotto?
    - Mi rivolgo a voi Signori perché abbiate la compiacenza di ascoltare quanto io e il Marchese abbiamo da dirvi.-
    Nèd sobbalzò, la sua mente era tornata presente, ma quella voce tagliente… sapeva che non si trattava di nulla di buono.
    Cercando di fare meno rumore possibile camminò carponi superando la scrivania fino ad arrivare al grande portone spalancato. Due uomini sostavano in mezzo alla stanza e uno dei due teneva stretto a sé una donna, era lo stesso che aveva sentito parlare.
    - La Ministra ha il compito di assicurarci la vostra totale collaborazione, che spero vogliate concederci spontaneamente. In caso contrario mi troverei nella spiacevole condizione di dover ricorrere alle manieri forti. -
    Lo sguardo dell’elfo vagò impaurito sui volti tesi degli altri maghi e quando riconobbe il genitore Carter balzò in piedi. Era a lui che doveva comunicare il messaggio, il suo padrone glielo aveva ordinato!
    Senza pensarci troppo sopra, anzi senza pensarci affatto, Nèd cominciò a correre verso il centro della stanza mentre la sua cappa scura svolazzava dietro di lui.
    -Genitore Carter! Genitore Carter! I Mangiamorte! I Mangiamorte alla prigione di Azkaban!- urlò senza rendersi conto di ciò che stava accadendo, non se lo domandò nemmeno, doveva consegnare il suo messaggio.
    -La famiglia! La famiglia deve essere messa al sicuro! Padron Adam dice questo a Nèd e Nèd-Fa!- nel dire ciò aveva già le lacrime agli occhi e per asciugarseli con il dorso della mano si era fermato accanto all’uomo che stringeva la donna. Soltanto un dettaglio di tutta quella drammatica situazione riuscì a colpire la sua fragile e contorta mente costringendolo a bloccare un singhiozzo e a corrugare la fronte.
    -Ma quell’uomo tocca la donna sotto la gonna!- urlò più eccitato che scandalizzato indicando Kyran.
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