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    Ampliò il proprio sorriso in un ghigno malefico. La domanda che la Ramirez poneva era giusta. Ciò che era sbagliato, era la convinzione d'ottenere qualche rassicurazione da lui, Wilson Wargus. Lui era lì per generare caos e null'altro. “Nessuna.” Rispose infine malevolo. La sua azione di poco dopo lo colse di sorprese, eppure, convinto d'essere intoccabile, non si preoccupò. Non si oppose alla sua presa, né alla smaterializzazione. Non lo stupì ritrovarsi nella biblioteca dove aveva tramortita il vecchio ragazzo della Ramirez. Avrebbe gongolato nel partecipare a quella scena, ma l'impatto con la libreria gli tolse il fiato. Rimase sotto di lei per qualche istante, stringendo i denti quando sentì la pelle lacerarsi per effetto dell'incanto dell'altra. Quel che fece, invece di scappare, fu poggiare la propria mano sul volto della ragazza, per costringerla a guardare il bibliotecario legato e svenuto sul pavimento polveroso. “Guardalo.” Un invito, un obbligo. “Saprai riconoscerlo, no?” Aggiunse poco dopo, agendo poi d'un tratto. Con un calcio ben assestato provò a liberarsi dal suo corpo. Ne approfittò in ogni caso per allontanarsi da lei e porre distanza. Si tirò in piedi, mostrando i canini bianchi in una risata animalesca. “Fai la tua scelta, Andromeda.” Un invito a ragionare su ciò che era importante in quell'istante. La sua presenza non lo era. Quel momento, era solo di Andromeda. “Mi farò vivo presto.” Aggiunse poco dopo, arretrando. “Qualunque cosa tu scelga... condoglianze.” L'attimo dopo scappò via, per smaterializzarsi poco distante.
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    Rise scuotendo il capo. Sarebbe stato facile prendersela, era quello che lei voleva. Non avrebbe dato all'altra soddisfazione. “Il mio nome è già storia.” Non era la notorietà quel che ricercava, quella l'aveva già avuta. Portava avanti la sua missione, una che trascendeva dal suo volere. Cercava di ristabilire l'equilibrio in quel mondo disordinato. Era lei che ancora si ostinava a non capirlo, ad opporsi ad una forza che presto o tardi l'avrebbe sopraffatta. Lui era lì per darle una lezione. Non lo faceva per cattiveria. Si comportava anzi come un padre che impartiva insegnamenti alla propria figlia.
    Quando la sentì proporle quell'alternativa, non potette fare a meno di sorriderle. Aveva immaginato una risposta simile da parte sua. Una possibilità, quella più ovvia. “Sarebbe facile giusto?” Le rispose quindi poco dopo, indirizzando uno sguardo verso la corva in ostaggio. Tornò poi alla Ramirez, fiero. “Non deve esserlo.” Era chiaro non lo sarebbe stato. Le aveva dato in passato l'opportunità di unirsi a lui senza sofferenze. Era stata lei a scegliere quella strada. Era stata lei a chiarirgli che solo con il sangue e molto dolore, si sarebbe piegata. Il Wargus le stava soltanto mostrando l'ineluttabilità del destino. Fuggire alla propria sorte, sarebbe stato impossibile. Indugiò solo qualche istante, prima di estrarre una provetta dalla tasca che le lanciò. Il liquido viola e denso al suo interno, ribolliva. Che fosse qualcosa di estremamente potente, quanto illegale, sarebbe stato chiaro a chiunque. “Ecco a te. L'antidoto al veleno che è stato loro iniettato. La dose è solo per uno.” Le disse poco dopo, lasciando poi cadere una seconda diapositiva dinanzi a loro. Una foto cadde sul pavimento, il retro su cui era segnato un indirizzo, rivolto verso di loro. “Qui troverai la seconda persona.” Con il piede spinse la foto verso l'altra, attendendo l'afferrasse e voltasse così da vedere la persona lì ritratta. “A te la scelta, Andromeda.”
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    Lanciò un incarceramus contro le sue gambe per rallentare la corsa mentre prendeva ad allontanarsi. Non voleva farle del male, non se non ce ne fosse stato il bisogno. Il motivo per cui aveva richiesto la sua presenza lì, era un altro. Le avrebbe dimostrato, a suo modo, quanto difficile potesse essere portare avanti una propria idea. Le avrebbe fatto capire quanto doloroso potesse essere accettare una realtà piuttosto che un altro. In definitiva le avrebbe dato una lezione che avrebbe ricordato per tutta la vita e con cui avrebbe dovuto fare i conti per tutto il resto della sua esistenza: salvare tutti è impossibile.
    Percorse le scale che condussero al piano superiore, aspettando la Ramirez lo raggiungesse per precipitarsi all'interno di una stanza. Solo una volta al suo interno, la ragazza vi avrebbe trovato la studentessa, imbavagliata ed annichilita.
    Wargus lanciò uno sguardo alla corvonero, prima di voltarsi, pronto ad accogliere la loro ospite. La bacchetta era ovviamente puntata contro l'ostaggio, pronta ad agire qualora ad Andromeda fosse venuta l'idea di agire in modo irruento. Avrebbe dovuto godersi quel momento in ogni secondo.
    “Ci crederesti che quando mi ha visto, non mi ha nemmeno riconosciuto?” Commentò quasi con sdegno, scuotendo il capo come amareggiato. “Ad Hogwarts non insegnano storia contemporanea?” Che i giovani non riconoscessero il volto di chi aveva movimentato l'esistenza dei loro genitori non poi così tanti anni prima, un po' lo turbava. La conoscenza era l'unica arma di cui gli altri avrebbero potuto servirsi, e l'unica che tutti sembravano costantemente disprezzare.
    “So che ci tieni ai ragazzini, quindi eccone qui uno.” Indicò la Miller, muovendosi lentamente, prima di decidere di ritirare la bacchetta. Alzò il braccio facendole segno di procedere. “Vai. Avanti. Liberala.” Poi però riabbassò di nuovo il braccio, muovendo la bacchetta verso la Miller. Le corde che la tenevano legata, si strinsero contro la sua pelle. “Oppure... potresti non farlo.” Aggiunse poco dopo mostrando alla sua platea un mezzo ghigno.
    Scosse il capo, facendo comparire con un gesto della bacchetta una fiala ormai vuota che lanciò ad Andromeda. “Non lo sa ancora ma presto lo saprà.” Indicò la ragazzina lì accanto. “Io ho un antidoto al veleno che le ho iniettato. Ma ne ho solo uno.” Aveva approfittato dell'unico momento in cui la corvonero sembrava aver perso i sensi per iniettarle un veleno. Il veleno era ancora circoscritto alla mano, che diventava man mano più scura, grazie alle corde che la tenevano stretta. Quando Andromeda l'avrebbe liberata, non le sarebbe rimasto molto da vivere. Liberarla avrebbe comportato la sua morte. “Salve lei e l'altra persona a cui è spettata la stessa sorte, morirà.” C'era un'altra persona, ovviamente. Non lì. La Ramirez avrebbe potuto crederle o immaginare Wilson stesse mentendo. Sarebbe stata una sua decisione. “Salva l'altro e morirà lei.” Aggiunse poco dopo, sorridendole, prima di avanzare un passo verso di lei. Non temeva un attacco. Era l'unico a poter salvare la ragazza o l'altro ostaggio. Se avesse deciso di ucciderlo, avrebbe scelto di mandare a morte certa entrambi e Wilson era pronto in ogni caso a correre il rischio pur di darle una lezione. “Portare avanti i propri ideali, Andromeda, richiede sacrifici.” Annuì, sfiorandole la guancia con le punta delle dita. “Io ne ho fatti. Tu invece, sei pronta a farne?”
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    Scosse il capo alle sue parole. La tenacia con cui portava avanti le sue idee era ammirevole. Nulla sembrava scalfire le sue convinzioni. Sarebbe stato inutile negarlo, ma il Wargus era attratto anche da quella sua prerogativa. La forza che metteva nelle sue idee, il modo in cui, gonfiandole, riusciva loro a dar vita, a strutturarle per farle diventare mura, scudo contro il male che le si poneva dinanzi. Era tutto quello ad ammaliarlo. E quella forza, quella tenacia, Wilson la voleva per sé. Se solo la Ramirez si fosse convinta a lasciar perdere il mondo che la teneva costretta, la sua trasformazione sarebbe stata sublime. Nulla avrebbe mai più potuto fermarla e sarebbe stata perfetta. Lo sarebbero stati loro. Le avrebbe concesso senza remore il posto alla sua destra. Avrebbe spalancato per lei qualsiasi porta sul suo passato o sul suo presente, se solo si fosse decisa a piegarsi alla luna. Ad indirizzare verso lei, l'ululante preghiera del loro branco.
    Le ricordava Mormolice, sotto molti aspetti. Forse era anche e soprattutto per quello che era ritornato da lei. Sua figlia era perduta, sparita in un mondo che sembrava averla avvolta e nascosta per sempre ma la Ramirez era rimasta lì, sotto i suoi occhi. Aveva preso quel dettaglio come un segno. Lei doveva essere sua, ed avrebbe fatto tutto quel che fosse in suo potere per far sì che quel desiderio si avverasse. “Io sto creando una razza superiore, Andromeda. Perchè ti è così difficile capirlo?” Le rispose semplicemente, quasi amareggiato dalla sua incapacità di comprensione. Presto o tardi però non sarebbe stato difficile per lei capirlo. In un modo o nell'altro, avrebbe cominciato a dargli credito. Si sarebbe adattata a quello che era il suo mondo.
    “Ogni successo richiede sacrificio. Le persone che sono con me lo sanno e sono pronte a sopportare il peso della perdita.” Annuì, fermandosi. La guardò ancora disilluso. Fece poi uno schiocco di dita per richiamare l'attenzione Rick nascosto in una delle stanze di quella villa abbandonata.
    “Rick. Dagliela.” Ordinò al ragazzo mentre attendeva per osservare la reazione della donna. Il ragazzo spuntò timidamente, avanzando verso la donna. Poggiò tra loro una foto. L'immagine in movimento, ritraeva il volto di una studentessa di Hogwarts. Immaginava lei l'avrebbe riconosciuta.
    Wargus attese qualche attimo prima di continuare. “Ti aspettavi che sarei tornato senza un regalo per te? Lo sai, non mi piace giungere a mani vuote.” Con un gesto della bacchetta, si disilluse. Le diede l'opportunità di vederlo. Se l'avesse colpito, era chiaro non avrebbe mai trovato la ragazza. Avanzò di qualche passo, superandola. “Giochiamo a chi arriva prima? Da piccolo adoravo quel gioco.”
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    Se chiudeva gli occhi poteva immaginare quanto forte stesse battendo il cuore nel suo petto. Lo immaginò pompare a fatica la grossa mole di sangue che sputava nelle vene con così tanta violenza da far male. Furia, rancore. Conosceva a menadito quelle sensazioni e ne era assuefatto. Erano vita ed animavano, seppur in modo indiretta, la bestia assopita. Quanto più forte avrebbe ululato alla luna se Andromeda si fosse lasciata andar quel mese. L'iraconda ed ingestibile voglia di vendetta, avrebbe ricordato il suo odore costringendola a cercarlo. Era quel che il Wargus sperava. Era la rigidità del costrutto sociale in cui si era decisa a rintanarsi che l'avrebbe limitata, ancora una volta.
    Rise. La morte di un ragazzo che non aveva mai realmente conosciuto aveva scavato un solco nella sua anima. Una ferita inguaribile. Un punto in cui Wilson avrebbe potuto infilare i propri artigli per ottenere ciò che avrebbe voluto. Quanto ancora sarebbe stata disposta a perdere per preservare i suoi principi? Chi altro era disposta a sacrificare per continuare la farsa che da anni si ostinava a portare avanti? “E tu sì? Non si uccide solo con la bacchetta, sai? Alcune scelte, uccidono.” Continuò a camminare ancora celato per evitare che potesse individuare il punto in cui si nascondesse. Non era un combattimento quel che cercava in quel momento. La stava soltanto preparando. Le stava dando, in definitiva, un'ultima possibilità di allearsi a lui con le buone maniere. Lo faceva perchè la riteneva degna di essere al suo fianco. Con qualcun altro avrebbe usato la forza, la costrizione, la minaccia. Non con lei. Prima di arrivare alle maniere forti, faceva leva su un legame che era certo esistesse tra loro. Un unione che andasse oltre l'umana comprensione perchè non c'era assolutamente nulla di umano. Era legame animale. Un filo che li teneva uniti al cospetto di un'unica grande dea, la Luna.
    La riteneva la creatura migliore conosciuta, per certi versi forse perchè ancora oggi Andromeda le ricordava sua figlia, un tasto dolente e mai dimenticato.
    “Pianta un'idea e germoglierà in una mente fertile.” Le confidò con fare solenne, fermandosi un attimo prima di continuare. Era quello che aveva sempre fatto e che gli era sempre venuto meglio. Le idee che elargiva si incastravano nelle menti fertili di chi viveva una condizione infelice. Lui non cercava il male dei mannari che richiamava nel suo branco, anzi il contrario. Le sue intenzioni, per quanto incomprensibili, erano buone. Cercava di creare una famiglia. Una società priva delle regole secondo cui loro erano i diversi, i cattivi da emarginare. Voleva un mondo nuovo ed avrebbe fatto di tutto per ottenerlo, anche versare del sangue innocente. “Il tuo lavoro è ammirevole, ma neanche immagini quanti lupi siano costretti a vivere ai margini della società. Questo sai cosa alimenta? Non solo la volontà di cambiare le cose.” Scosse il capo. “Genera una feroce rabbia che io sono disposto a coltivare.” Non mentiva. La società non era pronta ad accettare il diverso, forse non lo sarebbe stata mai. Questo muoveva a favore del Wargus. Ci sarebbero sempre stati emarginati da accogliere tra le sue braccia. Uomini e donne ferite da una vita che non li aveva mai compresi. Wilson offriva loro l'alternativa che nessuno mai aveva dato loro. Non una pozione o una maschera da indossare, ma la possibilità di essere liberi e di esserlo sul serio.
    “Non sono solo, Andromeda e non lo sarò mai. Perchè, per quanto tu possa impegnarti, certe mentalità non riuscirai mai a modificarle.” Le spiegò fermandosi, la bacchetta in una mano. La guardò per qualche attimo dal punto in cui era. “Perchè impegnarti così tanto ad omologarti quando puoi semplicemente essere libera?”
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    Aveva atteso. Lo aveva fatto pazientemente lasciando che la realtà scorresse sotto i suoi occhi inermi. Aveva tentato, in quei lunghi anni, di palesare la sua presenza ma aveva dovuto farlo con calma. Ricostituire un branco dopo che alcuni mostri glielo avevano smantellato, ucciso pezzo per pezzo, non era stato facile. Aveva richiesto pazienza, dolore e soprattutto tempo. Ancor più lungo come processo era stato poi quello di coltivare la sua idea nella mente acerba dei nuovi arrivati. Un fenomeno lungo ed ostacolato da alcune iniziative messe in atto dal ministero ed in particolare da una Ramirez. Andromeda. Non ne era stato particolarmente sorpreso. Ricordava la luce nel suo sguardo, quella fiamma che il Wargus avrebbe voluto ardesse per sé e per il branco. Avrebbe provato, ancora adesso, a cambiare la rotta della sua morale. A lasciare che sulla sua bussola comparisse un nuovo nord.
    L'aveva spiata silentemente a lungo prima di decidere di intervenire. Presentarsi al suo cospetto, sarebbe stato sciocco e poco entusiasmante. Pensò per lei invece una dinamica nuova.
    Un membro del branco, uno dei più giovani, aveva chiesto un incontro con la Ramirez. Aveva raccontato di essere spaventato, di essere stato morso da poco e di temere la luna piena. Aveva chiesto un incontro in un posto sicuro, lontano da occhi che avrebbero potuto giudicarlo, una casa abbandonata poco lontana dal quartiere londinese di Whitechapel, luogo famoso in passato per eventi sanguinosi. Lì, tra le mura di quella villa abbandonata, attesero.
    Era ben certo che Andromeda non si sarebbe presentata lì da sprovveduta, ma era anche conscio di poter far leva sul suo buon cuore. In ogni caso, nemmeno lui sarebbe stato colto impreparato.
    Quando la vide arrivare, il lupo ingaggiato, non attese. La guardò per un'ultima volta prima di scappare, all'improvviso, verso una delle stanze buie di quella villa. Wilson non mostrò la propria figura. Restò nell'ombra. “Quando un cucciolo guaisce, mamma lupa accorre.” Parlò d'un tratto, rompendo il silenzio mentre si muoveva al buio per disorientarla.
    “La ricordi ancora la mia voce, Andromeda?” Attese qualche attimo, sorridendo. Ricordava la fiducia che aveva posto in quell'animo turbolento. Ricordava la gioia di essere riuscito a giocare con la mente della Ramirez. La soddisfazione di averla colpita, nonostante tutto. “Non nego di non essere sorpreso per la strada intrapresa. Forse, direi, deluso però.” Aggiunse poco dopo, fermandosi appena un attimo prima di continuare. “Un enorme potenziale sprecato. Xavier cosa penserebbe?”
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    Erano mesi che si muoveva nell'ombra. Giocava con la vita degli altri, come aveva sempre fatto, ma con moderazione. Avrebbe continuato a farlo, preparando il terreno per il proprio ritorno trionfale. Era proprio in riferimento a quel desiderio che aveva preparato un nuovo intrattenimento. Qualcosa che potesse tenere la popolazione magica impegnata mentre si occupava dei suoi affari, mentre preparava il proprio ritorno.
    Aveva così deciso di lasciare in giro degli oggetti, di natura oscura. Dei doni.

    CITAZIONE
    Accademia: Due bracciali uguali in punti diversi del campus. Una coincidenza ambigua di cui nessuno potrebbe sospettare. Sebbene appaiono come dei normali bracciali in acciaio, attirano chiunque si ritrovi nei dintorni. L'effetto è ancora più sorprendente. Se indossato, permetterà di assumere il corpo di chi indossa il bracciale gemello. Un effetto apparentemente divertente. Fino ad un certo punto almeno.
    Effetti e conseguenze: I bracciali gemelli, scambiano i corpi di chi lo indossa. L'effetto seppur divertente, porta al rischio di perdere la propria identità. Non ci si riconoscerà più in se stessi, perdendo memoria di sé e del proprio passato, un effetto che si acuisce man mano che il tempo passa. La maledizione dura fintanto che il bracciale, quasi impossibile da spezzare, non sarà distrutto con un controincantesimo di uguale potenza. In caso contrario, l'identità della persona svanirà e con essa il corpo cesserà di vivere.

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    Erano mesi che si muoveva nell'ombra. Giocava con la vita degli altri, come aveva sempre fatto, ma con moderazione. Avrebbe continuato a farlo, preparando il terreno per il proprio ritorno trionfale. Era proprio in riferimento a quel desiderio che aveva preparato un nuovo intrattenimento. Qualcosa che potesse tenere la popolazione magica impegnata mentre si occupava dei suoi affari, mentre preparava il proprio ritorno.
    Aveva così deciso di lasciare in giro degli oggetti, di natura oscura. Dei doni.

    CITAZIONE
    Testa di Porco: Lì, nel bagno di quel locale, poggiato sul davanzale adiacente al lavandino, sembrava qualcuno avesse dimenticato una strana lente di ingrandimento. Sul manico pregiato in legno, sembravano essere incise parole in una lingua indecifrabile. La lente spessa però, appariva inconsueta. Non dava la possibilità di vedere quel che vi era al di là, ma aveva quasi le fattezze di uno specchio. Rifletteva il mondo alle spalle di chi la afferrava. Se qualcuno però avesse avuto il coraggio di guardare con scrupolosa attenzione, la lente avrebbe sortito il proprio effetto. Avrebbe effettivamente ingrandito il mondo esterno ma per diminuzione delle dimensioni del malcapitato che prima di poter opporsi all'effetto magico, si sarebbe ritrovato ad assumere le dimensioni di uno scoiattolo.
    Effetti e conseguenze: La lente di ingrandimento rimpicciolisce la persona che l'afferra. L'effetto dura fintanto che qualcuno (un mago adulto) non spezzerà l'incantesimo. Se ciò non avviene nell'arco di 24h la vittima rischierà di scomparire per sempre, rimpicciolendo fino a svanire.



    Iniziativa aperta a tutti.
    Chiunque volesse partecipare, può postare qui di seguito la propria "trasformazione".
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    Era indispettito dalla piega presa da quel duello. Non era felice di tutto quello, né lo era dell'ennesimo allontanamento da parte della Ramirez. A quel punto però, fu chiaro: Andromeda, era da catalogare come un nemico e come tale avrebbe pagato per il tradimento inferto a danno dei propri simili.
    Non si sarebbe lasciato corrompere ancora da quel senso di famiglia che lo spingeva continuamente a ricercare un dialogo con quella ragazza ed avrebbe lasciato perdere, nonostante tutti i pronostici positivi fatti su di lei.
    Bisognava riconoscere i propri limiti ed i propri fallimenti per poter andare avanti, e Wilson Wargus lo fece proprio in quel momento. Così come Mormolice Wargus, Andromeda Ramirez era un caso chiuso. Da lì in poi, ciò che si sarebbe prospettato sul loro percorso qualora si fossero incontrati di nuovo sarebbe stato morte.
    Riuscì ad evitare il fulmine potente che avrebbe sortito l'effetto di tramortirlo e quindi annientarlo in un duello in cui Wargus sapeva di non poter perdere, pena la reclusione, ma non scampò alla sostanza esplosiva che gli sfiorò parte del viso. Urlò piegato in avanti con una mano a coprire il volto.
    Nonostante il dolore però si costrinse a rimettersi in piedi, e con mezza faccia insaguinata e a pezzi, ridotta in maniera orrifica e quasi irriconoscibile, castò senza pensarci e con furia, degli inflatus su oggetti a caso intorno a sé. Aveva fatto una promessa e l'avrebbe mantenuta. Aveva detto a Dell che se Andromeda avesse reclinato la sua offerta, l'auror si sarebbe ritrovato a raccogliere pezzi di umani nei dintorni: era quello il suo intento. La panchina, l'albero, e la staccionata in ferro, si gonfiarono pericolosamente e ben presto la loro esplosione avrebbe sortito effetti fino a chilometri di distanza dal punto in ci erano.
    “Decidi tu cosa è più importante per te, Dell. La mia cattura, o la vita dei perdenti che ci circondano?” Gli sorrise e senza aggiungere altro, gli fece una sorta di inchino. “Hasta luego, Ramirez.” Dopo quel saluto, si diede alla fuga cercando di raggiungere abbastanza lontano per poter smaterializzarsi senza problemi.
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    Sentiva dentro di sé l'irrefrenabile impulso di dar sfogo alla sua parte peggiore e lo avrebbe fatto se non avesse preteso dalla sua parte umana, di restare vigile ed attenta.
    Non lo avrebbe fatto solitamente, non avrebbe richiesto nulla alla parte razionale ma non poteva permettersi dopo tutta la fatica fatta che quella che credeva essere la risoluzione a quel problema, gli sfuggisse dalle mani così facilmente. Non lo avrebbe mai permesso e se così fosse andata, non se lo sarebbe mai perdonato.
    Represse a fatica un nuovo ringhio, spintonando in malo modo chiunque si ritrovasse sul suo percorso arzigogolato.
    Si ritrovò persino a ruzzolare sull'asfalto nel tentativo di scampare ad uno dei tanti schiantesimi lanciati dalla sua preda e quando si tirò in piedi, fu un povero passante tirato in ballo a quel momentaneo campo di battaglia, a salvarlo dall'ennesimo lampo di luce colorata.
    A quel punto, più lucido a se stesso, correndo verso la sua preda, Wilson puntò la bacchetta contro il mago, castando un mentale levicorpus nel tentativo di frenare la corsa del suo avversario e quindi poter avere un vantaggio su di lui.
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    Accadde tutto fin troppo velocemente per far sì che chiunque potesse apprendere nel migliore dei modi cosa diamine stesse accadendo all'interno di quel magazzino.
    Il boato che seguì all'incanto pronunciato da una figura finora rimasta ignota, fece tremare le pareti ed il suolo del posto in cui erano.
    Wargus, attento al piccolo forziere che reggeva tra le braccia, riuscì ad individuare solo la schiena dell'anonimo che cercava di fregarli tutti.
    Purtroppo, distratto da tutto quello, non riuscì ad evitare l'impatto dell'incanto lanciatogli contro dall'altra auror. Il contraccolpo fu così forte che dovette indietreggiare di qualche passo e quando, furioso, provò ad alzare il braccio che reggeva la bacchetta, si rese conto di non controllare affatto i propri arti.
    Così messo non avrebbe potuto far molto ed improvvisamente arrabbiato oltre i limiti, in modo quasi ferino ed animalesco, si lasciò scappare quello che avrebbe potuto definirsi a tutti gli effetti un vero e proprio ringhio. Un rumore gutturale che fece tremare il suo corpo e che si espanse nel vuoto che li circondava.
    Non riuscì ad essere più totalmente lucido.
    Come un cane a cui veniva rubato l'osso, sapeva solo di voler seguire l'uomo che gli aveva portato via qualcosa che sentiva appartenergli.
    Più lupo che uomo – sebbene mantenesse ancora la sua forma umana – si scagliò all'inseguimento, con un andamento non lineare, quasi da ubriaco, a causa dell'incanto subito, tanto che spinse via una delle due auror ed anche Eva, lasciandosi quel posto alle spalle mentre ritornava tra la folla.

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    Entrò velocemente all'interno del magazzino, bloccando il passaggio della folla alle sue spalle tirando su un muro di ghiaccio spesso almeno venti centimetri.
    Dapprima la cosa che lo colpì fu l'odore di polvere e di carne in putrefazione. Vi prestò attenzione solo per qualche istante, prima di venir colpito dagli effetti dell'incanto lanciato da una delle due auror.
    Fu sbilanciato dai movimenti continui del terreno tanto che dovette appiattirsi ad una delle pareti per riuscire a mantenere integra la propria stabilità. Attese per qualche attimo fin quando il suo sguardo non intercettò gli incanti lanciati da Eva. Riconobbe la sua voce nel caos venutosi a creare e la raggiunse.
    “Sai che non possiamo lasciarle andare, giusto?” Esordì così, mentre puntava lo sguardo sui suoi incanti. A quel punto per il Wargus, arrivato al limite della propria benevolenza, era arrivato il momento di fare sul serio. “Dov'è Reina?” Chiese, prima di concentrarsi sul nuovo campo di battaglia.
    Non attese molto e presa bene la mira, castò un incanto contro una delle due auror, quella che governava a suo piacimento la stabilità del terreno. “Liquefacem sferitus!” Seguendo l'esempio di Eva, non risparmiò l'altra auror. “Alarte Ascendare.”

    Interagito con Eva.
    Primo incanto a Syn, secondo ad Abbie.
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    L'incanto di Ramirez lo colpì in pieno, e la bolla d'aria scaturita dalla sua bacchetta ebbe il potere di farlo volare qualche metro all'indietro. Ruzzolò sull'asfalto, graffiandosi in più punti ma il dolore e l'odore di sangue che ne scaturì, non sembrò colpirlo minimamente.
    Quasi come se non fosse accaduto nulla, si tirò in piedi, con la mano ben stretta sull'impugnatura della sua bacchetta, pronto a ribattere.
    Non avrebbe voluto sfidare Ramirez, non era un duello in un posto come quello che cercava.
    Sapeva di essere numericamente in svantaggio ed anche la posizione non giocava affatto a suo favore.
    “Finalmente. Ci hai messo un po' ad arrivare.” Guardò l'uomo col suo ghigno malvagio, privo di qualsiasi spiraglio d'umanità.
    Fece un passo verso i due, roteando la bacchetta in una mano, temporeggiando.
    Riuscì a schivare, fortunatamente, l'incarceramus. Non si sarebbe lasciato ingabbiare così facilmente. Aveva altri piani. “Andiamo Dell. Non mettere il broncio. Tutto il casino che c'è qui, è tutto merito di tua sorella. Dovresti tenerla in riga.” Continuò, piegando il capo nel guardarlo. “Le lupette come lei, rischiano sempre di prendere una brutta strada. O di finire uccise.” Continuò, nel tentativo di andare a colpire un punto debole nell'altro. “Facciamo così...” Riprese umettandosi le labbra mentre teneva la bacchetta ben ferma per proteggersi da un eventuale improvviso attacco. “Tu dammi Andromeda, ed io non farò una carneficina. In caso contrario, giuro che dovrai stare ore qui a cercare di rimettere insieme i pezzi di questa feccia fetida.”
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    L'incanto sembrò andare a segno, corse allora verso il suo obiettivo ma quando lo raggiunse fu scontento di capire che il corpo a terra, non aveva nulla a che fare con quello dell'auror con cui aveva avuto il piacere di intrattenersi poco prima.
    Digrignò i denti, sbuffando spazientito, guardandosi intorno per cercare tra la bolgia infernale i volti di cui necessitava. Cercare però di ottenere qualcosa dal casino che lo avvolgeva, sarebbe stato pressapoco impossibile. Furono le urla e le indicazioni di quella ignota folla di maghi e streghe devoti al lato oscuro, a dargli una fondamentale dritta.
    Li vide battere le mani contro la porta di quello che doveva essere un magazzino e senza stare ad indugiare oltre, raggiunse ben presto quella meta.
    Umettò le labbra guardando il punto in questione, e senza premurarsi di avvertire i presenti nella sua mira, dopo aver puntato la bacchetta contro la porta, adirato oltre limite, pronunciò un “Bombarda.” Se le indicazioni dategli erano giuste, allora si sarebbe ritrovato dinanzi le due auror e finalmente forse sarebbe riuscito ad ottenere le informazioni di cui necessitava.
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    La tenacia di quel auror per un attimo lo fece ghignare. Non ne era spaventato né stizzito: la semplcità non gli era mai piaciuta. Dopotutto, se così fosse stato, si sarebbe accontentato di una vita di menzogne ed agiatezze piuttosto che quella di sacrifici che aveva scelto.
    Avrebbe voluto risponderle a dovere ma la presenza della sua inaspettata compagna, ed il frastuonum che ne derivò poco dopo, lo constrinserò ad un mugugno di dolore e a piegarsi in avanti con i palmi delle mani ben premuti contro le orecchie.
    Quando tornò dritto, ancora frastornato dal boato sentito, provò a focalizzarsi su ciò che aveva intorno. Riuscì ad accorgersi giusto in tempo della folla. Si appiattisce contro il muro, convinto di esser salvo lì dov'è e, schiacciato alla parete di mattoni con occhi persi sul marasma di persone, crede di vedere un volto familiare poco lontano.
    Decise di mischiarsi alla folla, seguendo le due auror nel tentativo di raggiungere Eva. Gli ci volle un bel po' di fatica per tenere il passo con le due e la cosa non fu resa facile dalla nebbia improvvisamente apparsa. Provò a dissiparla con un ventus, nella speranza di ottenere un qualche risultato positivo così che nel tentativo di ostacolarle, ancora immerso nella folla, avrebbe provato a scagliare sulle due, un incanto: “Elettro!”
147 replies since 28/1/2012
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