Posts written by kikka!

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    Assistetti allo scambio di battute tra Russell ed Allison, domandandomi dove trovassero l'ispirazione per rispondere alle domande del capo auror. Forse la loro strada, dopotutto, l'avevano azzeccata.
    Per il momento, anche in possesso di punti deboli, non farei niente. Sono fuori dalla nostra portata, dobbiamo avvicinarci. Al massimo possiamo sfruttare le informazioni per evitare qualche argomento a loro sensibile. Sappiamo già cosa gli interessa, dopotutto. E se sono entrati alla Gringott non sono degli sporvveduti.
    Mi imposi di ragionare, di provare ad entrare nel meccanismo assurdo di tutte quelle supposizioni, magari diventare figlia adottiva di Priscilla Corvonero, se necessario.
    Chiederei comunque mappe e suggerimenti ai folletti, se qualcuno è ancora disponibile. Lei è il capo auror, per quanto siano testardi è restii a spifferare i loro segreti non credo sarebbero così sciocchi da mettere a repentaglio la gringott.
    E poi? Cosa sarebbe successo dopo? Odiavo non sapere cosa dire, odiavo non sentirmi all'altezza della situazione e non avere tutte le risposte.
    Il mondo reale non era un bel posto per chi, fino a quel momento, si era principalmente basato sui libri di scuola. Non che fossi solo nozioni e teoria, ma dovevo necessariamente rispolverare quegli ingranaggi deputati al ragionamento.
    E comunque mi porterei avanti castando qualche invantesimo anti smaterializzazione, per evitare eventuali fughe.
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    Apprezzai la risposta di Dell, il suo discorso in effetti aveva più senso della mia voglia di alzarmi ed uscire da quella stanza. Sarei rimasta per non rendere vano il lavoro di tanti anni e per mettere alla prova, ancora una volta, il mestiere di Auror. Erano finiti i giorni in cui vivevo passivamente tutte le strade: era arrivato il momento di fare una cernita, di operare una scelta.
    Così, quando ci disse che quel giorno -o almeno per il momento- non avremmo fatto un esame pratico, provai a dare l'ennesima possibilità a quella missione di vita.
    Aggrottai la fronte, cercando di pensare ad un piano che non rischiasse di far saltare in aria gli ostaggi. Sia Allison che Russell avevano esposto buone idee. Una polisucco non sarebbe stata una brutta idea ma sarebbe bastato un piccolo sbaglio, per far saltare la copertura. C'erano cose che solo i folletti avrebbero potuto fare e sarebbe bastato un grammo di sfortuna, essere pescati tra la mischia e bam. Missione fallita.
    Sono d'accordo con Allison... non credo sarebbe il caso di agire senza conoscere prima i rapinatori. Conoscerli per evitare certi argomenti sensibili e per individuare eventuali punti deboli, senza mettere in mezzo altri civili, s'intende.
    Non si poteva giocare a: io prendo il tuo cane e tu liberi gli ostaggi, insomma. Se non mi piaceva duellare, mi piaceva ancora meno scervellarmi per escogitare eventuali piani. Forse era colpa della stanchezza, forse in una situazione reale avrei avuto meno problemi, fattostà che, per il momento, valutavo la mia risposta come decisamente inutile ai fini della risoluzione del caso.
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    Strinsi formalmente la mano di Dell Ramirez, distogliendo i miei occhi dai suoi appena fui certa che fosse passato un tempo sufficiente affinchè il contatto visivo non venisse percepito come sfuggente e maleducato. Rivedere Allison e Russell e non avere idea di come si fosse evoluto il loro rapporto non mi creava confusione in testa come invece stava facendo il ministeriale. Non era lui in sè a darmi questa impressione: era la figura che rappresentava e cosa avremmo dovuto fare. L'esame finale. Sapevo di essere preparata, probabilmente sarebbe andata bene e saremmo stati tutti promossi, ma c'era un enorme punto interrogativo tra i miei pensieri. Era davvero quello che volevo fare? Questa domanda era saltata fuori in ogni ambito della mia vita. Nè il Nord nè il temporeggiare come assistente a scuola avevano portato chiarimenti. Fin'ora, l'unico accenno di scelta che avevo fatto era stato quello di rompere, di comune accordo, il fidanzamento con Clay. Ovviamente niente di tutto ciò era stato ancora comunicato ai piani alti delle due famiglie, ma era giusto che non fosse costretto a condividere la miseria della mia confusione, era giusto che trovasse una ragazza che sapesse apprezzarlo.
    Mi sedetti, ancora incerta su come impostare quella mattinata.
    C'era una parte di me che già si immaginava a spingere indietro la sedia, senza far troppo rumore. In piedi, avrebbe raccolto le mani avanti al grembo e spiegato in un semplice e breve discorso che non aveva alcuna intenzione di fare l'esame. E poi se ne sarebbe andata, lasciando i due grifondoro in compagnia di Ramirez e di un futuro che sicuramente avrebbero apprezzato più di quanto avrebbe fatto lei. E poi c'era la parte più razionale, quella che avrebbe voluto tenere aperta l'ennesima porta e finire un percorso iniziato così tanto tempo prima.
    Ascoltai i due Grifondoro mentre rispondevano alle domande di Dell. Ascoltai la passione, il ragionamento e mi sentii estremamente povera di entrambi.
    Sarò breve... Penso che il corso sia ben strutturato, ci sono delle proposte interessanti, dei risvolti inaspettati nelle missioni ed insegnanti e collaboratori molto validi. Come la Steven, credo che sarebbe importante vedere tutto ciò che l'essere auror comporta, forse affiancarci a qualcuno e farci vivere uno spezzato della sua vita sarebbe un buon modo per darci un assaggio del vostro mondo.
    Per quanto riguarda le altre domande, ho iniziato questo percorso per seguire le orme dei miei genitori, nonostante fossi ben consapevole di quanti sacrifici avessero fatto e di cosa comportasse questo mestiere. In realtà, credo che definirlo mestiere sia abbastanza riduttivo, credo che sia più come una missione, una vocazione. Comunque, come hanno già detto i miei compagni, sono stati anni intensi, soprattutto quello in cui ci siamo trovati sotto al controllo di Moon. Le esperienze fatte in quei lunghi mesi ci hanno spezzato più di quanto ci abbiano dato forza, credo. Eppure, come molti di loro, anche io ho deciso di continuare.

    Feci una pausa, cercando di trovare qualcosa in più di un "non so perchè" per motivare le mie parole.
    Non volevo mettermi alla prova... per quello c'era già la scuola, c'era stata la resistenza e chissà quanti altri momenti. La verità è che volevo mettere alla prova questa missione, vedere ogni angolo di ciò che offriva per capire se poteva adattarsi a me, per capire se questa era la mia strada. Penso che lei, Capoauror, si meriti tutta la sincerità di cui sono capace, per cui le dico che non so se questa sia la mia vocazione. Ad oggi, non so se sarei all'altezza della passione e della convinzione che vi aspettereste da un futuro auror.

    Avevo lanciato la bomba e non era stato per niente semplice. Alla luce di ciò che avevo detto, sarebbe spettato a lui decidere se farmi fare l'esame o congedarmi prima che l'orologio battesse le nove e mezza.
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    Diciamo che se l'è cercata.
    Alla sua mezza risata seguì la mia. Merlino se aveva ragione. Ed io ero ancora lì che mi sentivo in dovere di dare una seconda possibilità. Ma anche una terza, una quarta, una quinta...
    Quando dalle sue labbra ancora sorridenti uscirono le altre parole, il mio sorriso si attenuò. Non sembrava detto con cattiveria o con tono di rimprovero. Non c'era nemmeno quell'inclinazione della voce che poteva farlo sembrava una frecciatina.
    Primo appuntamento dell'anno nuovo.
    Precisai, cercando di sorridere ancora.
    Solo perchè a Natale dello scorso anno non abbiamo vinto la gara non è detto che si debba cancellare la giornata, no?
    Sembrava quasi che, per quei pochi minuti, ci fosse stato concesso un po' di respiro. Non c'era rabbia nelle nostre voci, non c'era esasperazione nè astio. Sembravamo quasi due persone senza chissà quali travagliati trascorsi.
    Sì, non sarebbe male fare due passi. Io ehm... non frequento molto questo posto sai, la concorrenza... c'è qualcosa che vale la pena ordinare prima di uscire?
    Che in sette anni di scuola non fossi mai entrata a Mlienadia era a dir poco scandaloso, me ne resi conto solo in quel momento. Forse ci avevo accompagnato Cappie, una volta, ma in genere ce ne stavamo comunque alla Testa di Porco: un po' per comodità e un po' perchè ormai era diventato un luogo davvero familiare.
    I nani del primo anno fanno un sacco di domande.
    Mi sciolsi un po', poggiando la schiena alla panca di legno mentre strofinavo le mani per scaldarle.
    Figurati che alla lezione sui berretti rossi mi hanno chiesto se questi potessero barare ed intingere il cappello nel sangue di una vittima che non fosse loro o di un semplice animale. Cosa vuoi che ne sappia? Non credo nemmeno che qualcuno abbia fatto ricerche così approfondite su quelle creature.
    Quella lezione era stata un vero e proprio incubo e sicuramente il mutismo del docente non mi aveva aiutato.
    Tu invece? Apparte questi lividi come va?
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    Il suo cambio di posizione rivelò ben più di quanto mi aspettassi. Strinsi appena il bordo del tavolo, ancora incerta su come reagire di fronte a quel brutto taglio sullo zigomo. Chissà se quegli aloni violacei che scomparivano sotto al collo del cappotto erano solo la punta dell'Iceberg, chissà se aveva qualche costola rotta o altro.
    Lupi? E dove avresti trovato un branco di lupi?
    Il pensiero che potessi solo innervosirlo con tutte quelle domande arrivò forse troppo tardi. Abbozzai un sorriso, come per scusarmi di tanta irruenza. Era successo tutto a Natale ed ovviamente era più che probabile che volese solo voltare pagina anzichè ricordarsi di una serata tremenda.
    Io? Beh diciamo di sì, più o meno. Sono stata un po' con mio padre e non è andata male ma mancava un po' di naturalezza, diciamo...
    Benchè Clay non sapesse esattamente come andassero le cose con mio padre, era abbastanza intelligente da capire che aggiungere un matrimonio combinato ad anni di assenza non doveva avermi riportato tra le sue grazie.
    Ma tu sei sicuro di non voler tornare al Castello? Se sei stanco o dolorante non sei costretto a passare un pomeriggio con me.
    Non ci tenevo ad essere la fidanzata stronza che dava il colpo di grazia.
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    La mia espressione passò da "sorpresa" a "fottiti" in un battito di ciglia. La sua irriverenza aveva dell'incredibile: erano passati quasi sei mesi dal ballo di fine anno ed ancora continuava con quel teatrino.
    Serrai la mascella, allentando la presa sul boccale di burrobirra poco prima che lo prendesse. Avrei chiesto a Fred di occuparsi del bar a costo di mandare a fuoco la cucina.
    E lei Miss Lestrange? Come va col suo ragazzo?
    A chi altri poteva riferirsi se non a Carter? Come se tra noi ci fosse qualcosa in più di tempismo sbagliato e una buona dose di confusione.
    Bene come va a lei con la sua ragazza, signor Deschanel.
    Sorrisi sprezzante, rivolgendo poi la mia attenzione verso la ragazza: per fortuna mi stava dando una perfetta via d'uscita da quella spiacevole situazione. Mi dileguai nel retro bottega, spillando alla svelta un altro boccale di burrobirra e tornando al bancone in meno di cinque minuti.
    Ecco a lei. Se avete bisogno di qualcos'altro mi assicurerò di restare nei paraggi.
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    Il viaggio al Nord era senz'altro stata una piccola e piacevole parentesi: utile per prendere le distanze da ciò che succedeva e non succedeva a Londra. Non che fosse servito a molto, ma almeno avevo fatto qualcosa solo perchè mi andava di farla, senza dover rendere conto a nessuno e, ciliegina sulla torta, non avevo nemmeno turbato nessuno. L'ultima volta che avevo fatto come mi pareva avevo finito per non parlare con Clay per più di tre mesi, quindi poteva solo che andare meglio in effetti.
    E proprio pensando a Clay, forse era arrivato il momento di parlare a quattr'occhi. Non c'era voluto molto perchè la Magia di Hogwarts incrociasse le nostre strade: da lì, erano bastate due parole per darci appuntamento.
    Spazzolai via la neve dalle spalle del cappotto, battendo i piedi sugli scalini gelati per evitare di sporcare tutto il pavimento di Mielandia. Quando alzai lo sguardo non potei fare a meno di vedere Clay: nonostante la folla, nonostante avesse preso posto in un anonimo posticino a metà del locale. E ugualmente non potei fare a meno di sentirmi avvolta da uno spiacevole nervosismo. Non avevo fatto le cose per bene, con lui. Il mio comportamento era stato tutt'altro che irreprensibile e avevo rimandato fino all'ultimo di farmi domande in merito a cosa eravamo. Avevo vissuto al suo fianco per un anno e mi ero fatta scorrere addosso tutti i bei momenti senza nemmeno ragionarci, forse perchè sapevo che se avessi iniziato a farmi qualche domanda poi non ne sarei più uscita. Se solo avessi iniziato a districare quel gomitolo di cose all'inizio, ora non avrei avuto tra le mani milioni di nodi.
    C- Cosa ti è successo?
    Il "Ciao" morì sulle mie labbra appena fui abbastanza vicina da vedere in che condizioni si trovava il Serpeverde.
    Chi ti ha conciato così?
    Mi sedetti accanto a lui senza pensarci, osservando il suo viso come se dovessi trovarci scritta qualche risposta.
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    Chissà se era stato il mio viso giovane o l'ora non particolarmente tarda a suggerire al cameriere l'idea di una cremosa cioccolata calda. Mi ritenevo più un tipo da thè, al limone se proprio si doveva essere precisi, ma non mi sarei aspettata nessuna di queste cose al bancone del dark angel. Fissai stupita la tazza fumante prima di rincorrere, con la coda dell'occhio, l'indaffaratissimo cameriere: potevo capire i suoi movimenti svelti e le frasi di cortesia benché venissero spesso pronunciate in un'altra lingua, potevo capirle perché, nonostante fossi l'unica erede della fortuna dei Lestrange, era da circa sei anni che lavoravo alla testa di porco come cameriera. Non c'era da stupirsi che ci avesse messo un po' per servirmi nè che continuasse a guardarsi intorno nonostante l'ondata di gente stesse ormai sciamando fuori dal portone principale. Dovette persino aiutare un cliente a trasportare delle valigie al piano superiore, mansione che spesso delegavo a Fred o che risolvevo con il semplice sventolio della bacchetta.
    Non pensavo che mi sarebbe stata servita una cioccolata calda. A giudicare dalla latitudine e dal locale avrei scommesso in un wiskey incendiario.
    Pallido tentativo di instaurare una breve conversazione: qualcosa di leggero tra un sorso e l'altro della bevanda bollente, niente che potesse distrarre in maniera eccessiva lo zelante lavoratore.
    Affittate anche delle stanze, per caso?
    Forse l'arredamento del locale non era proprio di mio gradimento, ma era sicuramente meglio dell'idea di girovagare per le strade alla ricerca di un hotel decente.
    Ah, puoi anche darmi del tu, se vuoi.
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    Nonostante Castiel fosse l'unico su cui avessi continuato ad informarmi dopo la caduta del Ministero Oscuro, certo era impossibile che mi sfuggisse l'identità del giovane mago a cui mi ero appena affiancata. Kostia Preud. I suoi occhi di ghiaccio, più della sua voce, erano uno dei particolari del periodo oscuro che non avrei dimenticato. Insieme, ovviamente, allo spiacevole evento in cui avevo potuto guardarli.
    L'interrogatorio da lui presieduto non era certo stata la prova più ardua da superare, ma aveva comunque messo a dura prova i nervi già tesi di tutto il gruppo. E quegli occhi... quegli occhi brillavano, ora come allora, di una particolare scintilla di intelligenza che solo uno sprovveduto avrebbe sottovalutato. Mi baciò quasi le labbra, porgendomi il braccio mentre il personale ci faceva strada verso quelli che, sicuramente, erano posti riservati. Solo più tardi avrei scoperto quanto appropriato fosse quell'aggettivo.
    Il braccio destro del Ministro Moon non tradì nè fastidio nè interesse: tutto, in lui, era perfettamente calibrato. Se prima, in capo alla fila, c'era stato davvero poco tempo per dimenticarsi del personaggio che avevo costruito, ora non sarebbe stato facile restare nei panni, seppur costosi, di accompagnatrice.
    Una perfetta Purosangue, come Asterope Lestrange non si stancava mai di dirmi, doveva essere bella, dai modi garbati, moderatamente intelligente, capace di simulare e dissimulare.
    Così mi lusinghi.
    Nonna Lestrange non avrebbe trovato di che lamentarsi se solo avesse potuto vedere quale leggero sorriso aveva dispensato sua nipote e la delicatezza con cui aveva accettato il braccio dell'uomo. Come se non mi stessi avviando, a passi misurati, verso la tana del lupo.
    Lasciai che mi sfilasse il cappotto, aspettando che avesse salito il primo gradino della scalinata prima di avviarmi a mia volta. Se fosse stato un uomo qualsiasi avrei ringraziato e poi sarei andata per la mia strada, ma quello era Kostia Preud, non potevo andare da nessuna parte.
    Sono dei posti davvero magnifici.
    Conversazioni di circostanza: pallidi tentativi di cortesia, buone solo a non lasciar vincere il silenzio che, in quel caso, sarebbe stato anche più sconfortante di un banale complimento sulla vista che si godeva dal balconcino privato.
    Mi avvicinai ad una poltroncina, sfiorandone con i polpacci l'estremità. Non c'era bisogno che mi voltassi per accertarmi che fosse realmente lì: mi sedetti sicura, spostando le gambe da un lato. Caviglie incrociate e ginocchia vicine.
    Mi spiace di aver disturbato i tuoi programmi per questa sera.
    Quelle parole profumavano ancora di convenevoli ma sembravano una scelta più logica e sicura rispetto al domandargli cosa aveva intenzione di fare.
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    La pazienza era una virtù che mi avevano insegnato fin da bambina. Era la calma nel fare le cose, l'attenzione alla meticolosità, l'atteggiamento algido di fronte ad un avvenimento più o meno spiacevole. Ma questo genere di tolleranza mal si sposava con il freddo ostile di Stoccolma, con la neve che scricchiolava gelata sotto agli stivali dei passanti, con i nasi gelati di chi era in fila da ore ed ore solo per poter assistere ad uno spettacolo teatrale. Sbuffai scocciata, notando con estremo rammarico che il mio sospiro si era praticamente cristallizzato avanti ai miei occhi. No, non avrei aspettato un minuto in più. Mi scostai dalla fila, sollevando appena l'orlo del vestito scuro mentre muovevo piccoli passi verso la parte iniziale della fila.
    Scusa il tremendo ritardo. Sono imperdonabile, lo so.
    Mai, e ripeto mai, avrei osato tanta intraprendenza se non fossi stata così sfinita. Non era facile abituarsi al clima freddo delle terre Nordiche se l'aria più fredda che avevi respirato era quella dei sotterranei di Hogwarts: così, facendo appello a chissà quale dose di coraggio e irriverenza, mi accostai al primo individuo che nell'arco di quindici minuti non era stato affiancato da nessuno. Era improbabile che la sua dama fosse realmente in ritardo di un paio d'ore, perchè a giudicare dalla lentezza con cui scorreva la fila, quello era il tempo che quel giovane doveva aver già aspettato.
    Se fosse stato sveglio la metà di quanto era ben vestito, comunque, avrebbe capito che il mio tentativo di saltare la fila voleva solo escludere un principio di ipotermia e non certo suscitare l'irriverente proposta di fargli da accompagnatrice.
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    As! C'è un tizio al bancone, puoi portargli una burrobirra? E al tavolo vicino al fuoco servono altri wisky!
    Alzai gli occhi dalla contabilità, incrociando lo sguardo indaffarato di Fred. Il cuoco si era dato malato appena cinque minuti prima e Fred stava cercando di dare una mano all'aiuto cuoco come meglio poteva. Inutile dire che se ci fossi stata io, in cucina, sarebbe esplosa l'intera Testa di Porco nel giro di cinque minuti. Se c'era una pecca nell'educazione dei rampolli purosangue, infatti, stava proprio nella totale mancanza di insegnamenti di cucina e affini. Sembrava antistorico, come se il mondo magico, nella fattispecie le antiche famiglie benestanti, fossero rimaste ai tempi della prima grande guerra babbana. Nelle nostre case avevamo ancora un maggiordomo, camerieri, cuoca e governante.
    Sì, vado subito!
    Abbandonai fogli e piuma, sistemandomi dietro l'orecchio una ciocca bionda. Quei cinque minuti che avevo ricavato per compilare quelle diavolerie matematiche finivano ancor prima di iniziare. Presi alla svelta una bottiglia di whiskey incendiario, avanzando di buon passo verso McMicke e i suoi compagni di scacchi magici. Ed ora la burribirra al bancone.
    Mi scusi se l'abbiamo fatta attendere.
    Avevo appena posato il boccale sul legno lucido del bancone quando i miei occhi si specchiarono in quelli di Clay. Santa Morgana con Merlino al seguito. I miei occhi dovettero spalancarsi per la sorpresa mentre realizzavo quanto fosse infausto il destino. Dalla lezione di Difesa avevo avuto davvero pochi contatti con il Serpeverde. C'era stata una frattura nel nostro rapporto, una frattura che volente o nolente avevo provocato io stessa, almeno sei mesi prima. Ed ora gli stavo dando del lei, indossavo un grembiule da lavoro e probabilmente avevo anche interrotto una conversazione.
    E a lei? Posso portare qualcosa?
    Dimenticarsi di un cliente solo perchè nella tua testa frullavano troppe cose non sarebbe stato accettabile.
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    Stoccolma, con i fiocchi di neve che volteggiavano nell'aria, era uno spettacolo davvero bellissimo. Gelido, ma bellissimo. I rami nudi degli alberi si piegavano al vento mentre nel cielo si rincorrevano nubi basse e gonfie, segno che forse nella notte avrebbe nevicato abbondantemente. Chissà se lo spettacolo di quella città nordica sarebbe valso l'ipotermia a cui stavo lentamente andando incontro. Strofinai le mani tra loro, infilandole svelta nelle tasche del cappotto invernale mentre osservavo con attenzione le facciate dei locali che popolavano quella via: trovare il quartiere magico di Stoccolma era strato tutt'altro che facile e sicuramente trovare un posto che non pullulasse di maghi oscuri non sarebbe stato meno complicato. Era noto, ai più, che Moon e il suo Ministero si fosse ritirato nelle terre scandinave, liberandosi dal giogo dei manifesti che lo davano per ricercato e tornando, almeno sulla carta, un cittadino che non aveva fatto niente di male. Scossi brevemente la testa, muovendo ancora qualche passo sula pavimentazione gelata prima di posare lo sguardo su un'insegna familiare. C'era un Dark Angel anche a Stoccolma? Forse era una filiale di quello londinese, magari avrei incontrato persino la Serizawa. Questa possibilità non mi faceva proprio impazzire, ma decisi comunque di entrare. Bizzarro ed esagerato: questi i primi aggettivi che mi balenarono tra le tempie appena i miei occhi riuscirono ad abituarsi alla penombra che avvolgeva quel luogo. Sotto al pavimento di vetro scorreva un liquido ambrato, il soffitto era ricoperto da scudi dorati e qualche statua di Drago si inframmezzava alle numerose lance che sporgevano dalle pareti.
    Non proprio il mio ambiente.
    Cinguettai, tra me e me. Per nulla al mondo mi sarei avventurata tra le fiaccole e i tavoli, quindi non restava che sedersi su uno degli sgabelli accanto al bancone del bar. Visuale più o meno chiara, via d'uscita non troppo distante. Sfilai il cappello, sistemando le ciocche bionde con l'aiuto distratto dello specchio che faceva da sfondo alle bottiglie di liquori.
    Hi! Cosa posso portarle?
    Alzai gli occhi sul barista, le dita che, intirizzite dal fretto, faticavano a slacciare i bottoni del cappotto.
    Qualsiasi cosa. Purchè mi scaldi.
    Le parole che fiorirono sulle mie labbra avevano quasi il sapore di una preghiera mentre provavo ad abbozzare un sorriso cordiale al ragazzo. Quanto meno non aveva l'aria di un ex detenuto.
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    Mi alzai da terra, provando a togliere un po' di fango dai vestiti ed arrendendomi circa due secondi dopo. Eravamo in una foresta e pioveva, le probabilità di sporcarsi erano alte e pulirsi non era assolutamente una priorità.
    Non ne ho davvero idea, non li vedo più.
    Che fosse una qualche strategia? D'altronde, i nostri incantesimi erano andati a segno e la collaborazione con Caterina andava piuttosto bene. Pensandoci, lei era una delle poche con cui non avessi dei trascorsi un po' turbolenti e con cui avessi al contempo scambiato almeno due parole.
    Non ci sono più i fantocci di una volta...
    Borbottai, ricordando piena di terrore gli allenamenti con la Mattews. Quelli sì che sapevano come fare per metterti in difficoltà, mentre quelli che avevamo affrontato non erano poi stati molto difficili da attaccare. Avrei di gran lunga preferito delle persone in carne ed ossa. Come se Merlino avesse ascoltato i miei pensieri, ci ritrovammo sulla stessa strada di Penny e quindi, presumibilmente, di Layla.
    La nebbia rendeva i contorni sfuocati e fu grazie alla prontezza di Caterina che non beccai in pieno chissà quale incantesimo. Rotolammo a terra e, mentre la Tassorosso evocava un doppione di sè, io restavo carponi sulle foglie. Le probabilità che le nostre avversarie lanciassero incantesimi ad altezza uomo era più alta rispetto a quella che potessero colpire un soggetto praticamente steso a terra.
    Castai un Melofors non verbale in direzione della Corvonero, seguendo poi la direzione dell'Everte statim di Caterina per lanciare uno Stupeficium
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    Puoi scusarti con Clay da parte mia? Sono di corsa in questi giorni, non riesco a passare a salutarlo...
    Le parole della Serizawa erano così fuori luogo che per un attimo pensai che stesse scherzando. Non smisi di rivolgerle uno sguardo interrogativo e lei rimase lì, ferma avanti a me, nessun ghigno ironico a piegarle le labbra. Per Merlino, era seria: pazza, ma seria. Doveva andare davvero di fretta se affidava a me un saluto per Clay.
    Riferirò.
    Avrei voluto farle almeno una domanda, per capire dove se ne stesse andando. Clay l'avrebbe voluto sapere. Ma non ci fu tempo per intrattenere quella spiacevole conversazione.
    Ben presto la stanza mutò le sue forme: al fianco di Caterina, che per quella lezione sarebbe stata la mia unica compagna di squadra, mi ritrovai nel bel mezzo di una foresta. Non c'era luce se non quella che filtrava debole dalle nuvole e che riusciva a trapassare lo spesso strato di fronde. Si respirava aria umida e fredda e, appena mossi un passo per avere una panoramica del luogo, sentii fango abbondante sotto le suole.
    Protego Maxima!
    Immediata ed efficace, Caterina mi protesse ancor prima che avessi avuto modo di individuare il nemico: scappò, prendendomi per mano mentre mi apprestavo a fare altrettanto. Era impossibile mantenere una velocità costante: troppi alberi, troppo fango ad ostacolare i movimenti. Mi guardai indietro solo per vedere i due fantocci seguirci.
    Un incantesimo e fu come se i miei piedi fossero diventati di pietra: caddi in avanti, sul fianco destro, affondando parte del viso nel fango. Tossii, cercando poi di piegare le ginocchia nel misero tentativo di rialzarmi.
    Everte Statim!
    Il mio incantesimo centrò in pieno petto il nemico più vicino mentre l'altro scivolava sulla lastra di ghiaccio creata della ex Tassorosso: questo mi diede modo di castare un Finite sui miei piedi mentre piegavo svelta le ginocchia per evitare di proseguire strisciando. Dovevo raggiungere Caterina.
    Confondiamoci con l'ambiente, accendiamo la bacchetta solo per un secondo, solo per rivelarci la posizione.
    Continuai a correre mentre le esponevo il mio piano, mentre lei si voltava e castava un protego.
    Scegliamo un punto d'incontro per attaccarli insieme. Magari da sopra un albero.
    Fossi stata da sola mi sarei disillusa, forse nascosta, avrei attaccato sperando che quei fantocci avessero una resistenza nella media, ma il compito era collaborare, e collaborare significava che il noi veniva prima dell'io.
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    Essere sparita dalla circolazione per qualche settimana non era servito pressochè a nulla. I problemi non erano diventati più piccoli nemmeno quando avevo messo tra me ed Hogwarts chilometri di distanza. Clay mi aveva baciata, io non gli avevo parlato per una settimana. Un atteggiamento nervoso lo animava se provavo a parlare con Russell e stessa cosa succedeva al Grifondoro. Certo che presentarsi al suo compleanno insieme al mio promesso non fu il regalo più bello che potessi fargli. E all'ultima lezione Auror, uno dei pochi momenti in cui avevo ancora occasione di vedere il maggiore dei Carter, mi aveva si e no degnato di uno sguardo. Non c'era una via d'uscita da quella situazione e cercando di accontentare tutti stavo solo peggiorando le cose.
    Buongiorno, Lestrange.
    Sovrappensiero, mi presentai all'Auror, mescolandomi tra gli altri apprendisti. Se almeno per quella lezione fosse stata programmata una prova pratica... magari sarei riuscita ad evadere dalle mille preoccupazioni annodate nella mia mente. Il fatto che fossimo nella sala duelli faceva ben sperare ma gli Auror... gli auror non sono mai troppo prevedibili.
1022 replies since 15/8/2007
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