Posts written by Helen.S.

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    Entrata nella profondità di quelle che in apparenza avrebbero potuto sembrare semplici miniere oramai in disuso, si liberò del mantello scuro, gettandolo in malo modo alla guardia che c'era all'ingresso di quella prigione.
    Helen Sleiden, era di un umore nero come il cielo e questo non avrebbe giovato a favore della prigioniera di quelle miniere.
    Nicholas e la figlia dell'italiotta, insieme a sua nipote, erano via da fin troppo tempo ed il fatto che suo figlio non si prendesse la briga di farsi sentire o peggio, di farsi vedere, la snervava non poco.
    Era da quando aveva ritrovato il corpo di Rahel (poi misteriosamente sparito), che Nicholas, suo figlio, era come impazzito. E se prima aveva una possibilità di controllare il suo dolore in quanto si era come al solito gettato sull'alcol come uno squallido ubriacone da quattro soldi, ora che era andato via non poteva avere alcun potere su di lui.
    Non poteva permettersi di perdere tempo Helen, che voleva risolvere ciò che c'era da risolvere nel minor tempo possibile. Doveva riprendersi il diario di Maxwell, e mettere fine a quella storia che era durata fin troppo.
    Mentre si avvicinava alla cella in cui era tenuta la ragazza, sentì le parole di Aristhidea e la risposta azzardata della ragazza. Le labbra si curvarono in un sorriso beffardo, mentre finalmente faceva la sua comparsa.
    “Devi proprio averlo confuso con qualcun altro.” disse, palesandosi alle due donne. Affiancò Aristhidea, lanciandole poi un sorriso cortese.
    “Scusa per il ritardo, Ari. Sono stata impegnata ad occuparmi di mia nipote.” le disse, mentendo spudoratamente e solo per recare fastidio alla donna dietro le sbarre. Perchè immaginava che il sapere che sua figlia avesse passato del tempo con lei, dovesse mandarla ai matti ed era principalmente quello che Helen voleva.
    La guardò, vestita di stracci e con un aspetto orribile.
    Si chiedeva come Nicholas avesse potuto lasciarsi abbindolare da una così, ma era evidente che nel tempo passato lontano da sua madre, suo figlio era impazzito.
    Rise alle sue parole.
    “Nicholas, Nicholas.” cominciò avvicinandosi alla cella e solo per guardare meglio la donna all'interno. Era nient'altro un animale con cui giocare. Ma ad Helen non piaceva giocare. Lei preferiva ottenere risultati e li avrebbe ottenuti, o la ragazza ne avrebbe pagato il conto.
    “E' sempre stato bravo a fingere. Sono io che l'ho cresciuto così. Un grande attore sul serio.” continuò nel tentativo di ferirla. Era arrivato il momento di farle capire quanto fosse stata sciocca anche solo a credere che suo figlio potesse amare una ragazzotta priva di doti come lei. “Tuttavia ha commesso parecchi errori. Mi pare superfluo dire che tu sei uno di quelli.” ghignò in modo terrificante.
    “Nella nostra famiglia, non c'è spazio per chi sbaglia.” aggiunse, non esplicando nei dettagli cosa volesse intendere. Ma il vero significato di quella frase era comprensibile anche senza le dovute spiegazioni.
    Nicholas sarebbe morto perchè aveva sbagliato.
    A meno che...
    “Tuttavia tu hai la possibilità di salvarlo. E di salvare la rossa. O tua figlia.” Solo lei aveva la possibilità di fare in modo che quei tre avessero salva la vita. O almeno era questo che Helen voleva farle credere, ma in realtà nessuno si sarebbe salvata dalla macchina del destino che era già stata messa in moto.
    “C'è un diario. E' di suo padre. Devi dirmi esattamente dove lo ha nascosto.” Ma era da buona samaritana farle credere che forse c'era ancora una possibilità di un lieto fine.
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    Sebbene in un certo senso se ne sentì ferita, non potè non concordare con le parole di Aristhidea.
    Nicholas stava dimostrando di essere il degno figlio di suo padre, e a nulla era servito crescerlo solo e principalmente come il figlio di Helen.
    C'erano colpe che non potevano cancellarsi in alcun modo. Quelle restavano attaccate al DNA, ed ero questo il caso di Nicholas, di suo figlio che stava mostrando di essere per metà geneticamente sbagliato.
    Avrebbe potuto essere più che il figlio di Maxwell, ma si era accontentato di quella metà che lo avrebbe condotto solo a sofferenza.
    Ed Helen in quanto madre, aveva già fatto fin troppo per aiutarlo a ritrovare il giusto percorso. Gli avrebbe dato un'ultima occasione, così come le stava consigliando Aristhidea, ma dopo quella, se Nicholas ancora una volta avesse dimostrato di essere un debole, di essere perso, a quel punto Helen non avrebbe più potuto far nulla per salvarlo.
    A quel punto avrebbe dovuto lasciarlo andare. Per sempre.
    “Nicholas ha sbagliato troppe volte.” si ritrovò a ripetere quasi atona, mentre prendeva a fissare un punto impreciso del lussuoso pavimento.
    La sola idea di dover rinunciare a ciò che era suo, ovviamente la feriva, ma Aristhidea aveva ragione. Non poteva lasciare che Nicholas si rovinasse fino a quel punto. Aveva sbagliato troppe volte; aveva abusato fin troppo della pazienza di una madre che fin dalla sua nascita non aveva desiderato altro se non il suo bene.
    “Non bisogna mai voltare le spalle alla propria famiglia.” Ed invece era esattamente ciò che aveva fatto Nicholas. Più volte.
    L'aveva accusata di averlo abbandonato quando era stato in prigione, e lei aveva tentato di fargli capire quanto si sbagliasse.
    Lei gli aveva soltanto dato la possibilità di riscattarsi. Di difendere il cognome che gli era stato dato e lui aveva fallito.
    E non solo...
    “Se non ritorna sui suoi passi... ” Se non avesse trovato da solo la retta via, a quel punto Helen non poteva più fare nulla per salvare. Stava lasciando a Nicholas il tempo di decidere da che parte stare. Gli stava dando il tempo di prendere la giusta decisione per la sua vita.
    Ma se avesse sbagliato ancora... Se non avesse capito dove fossero i suoi errori, e testardo avrebbe continuato a farli a quel punto l'unica soluzione era quella proposta da Aristhidea.
    “Sì, è giusto che paghi.”
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    “Sarei rimasto al tuo fianco per qualunque motivo, se solo me lo avessi chiesto. Un buon figlio per te, ricordi?”
    Le parole del figlio giungevano alle orecchie di Helen come echi lontani, accompagnate dalla certezza che nonostante la sua buonafede non fossero in alcun modo veritiere. Nicholas non sarebbe mai rimasto al suo fianco. Quella donna lo aveva cambiato, danneggiandolo in maniera irreversibile; perfino nell'assenza aveva una potente influenza su di lui. Helen non riusciva a capire come una cosa del genere fosse possibile.
    Rahel era morta. Helen era viva.
    Eppure Nicholas preferiva restare fedele alla memoria di una morta, piuttosto che a sua madre, che lo aveva sempre sostenuto, crescendolo orgogliosa dei suoi progressi.
    Nel momento in cui il figlio fece pressione dolorosamente sulla ferita, Helen fece per scostargli le mani. Così debole, non riusciva nemmeno a stringere le sue dita senza provare una pesantezza sfiancante. Le energie stavano celermente defluendo dal suo corpo, presto, senza le cure, sarebbero svanite del tutto ed Helen sarebbe scivolata in un sonno senza sogni.
    “So la verità. Ho cominciato a capirla qualche tempo fa. E tu non sei la persona che ti ostini a farmi credere. Quindi smettila. Smettila di fingere e togliti la maschera di madre premurosa.”
    - Tu non sai niente -
    Povero sciocco. Lei sarebbe morta, e lui non avrebbe mai scoperto che la sua compagna era in realtà ancora viva.
    “Ora devo solo combatterti.”
    Le mani di Helen scivolarono di fianco, mentre il sangue continuava a scorrere ininterrottamente. Con le ultime forze, la vista annebbiata, prima di scivolare nell'incoscienza gli disse:
    - Lasciami qui o avrai modo di pentirtene -
    Gli stava chiedendo di lasciarla lì a morire, di non prestarle soccorso.
    Se Nicholas avesse scelto di sfidarla lo avrebbe fatto per l'ultima volta.
    Helen sarebbe risolta dalle sue ceneri, più potente e più vendicativa che mai.
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    Nicholas le stava dando la prova che la storia era destinata a ripetersi.
    In piedi davanti a sé stava non il suo amorevole figlio che si preoccupava di fare il bravo ometto per avere l'approvazione di sua madre; davanti a sé c'era l'esatta copia dell'orrido uomo che era stato suo padre.
    La preoccupazione maggiore di Helen, alla fine, si era avverata.
    Le tremò la mano. Per poco non gli aveva assestato un sonoro schiaffo sul volto. Se fosse servito a riportarlo un sé non avrebbe esitato a colpirlo.
    Nicholas era diventato esattamente chi non doveva diventare e non esisteva alcun modo per riportare le cose indietro.
    Helen se ne era resa conto, ma nonostante questo non poteva soprassedere sul comportamento del figlio.
    - Non mi prenderò anche questo merito, figlio mio. Se sei cresciuto senza un padre lo devi soltanto a quel poco di buono che è stato Maxwell. L'hai forse dimenticato? Il giorno in cui è andato via da noi non ha mosso un dito per portarti con sé. Sono stata io a prendermi cura di te, io, non lui, né l'avrebbe mai fatto perché lui non ci voleva e non ci ha mai voluti! -
    Afferrò il volto tra le mani mentre gli parlava. Gli occhi di lei erano lucidi.
    Helen sapeva che almeno una volta Nicholas poteva aver pensato di essere stato solo un errore nato da un matrimonio di convenienza, ed era su questo che la strega puntava per farlo vacillare.
    Avrebbe ricorso a qualsiasi mezzo a sua disposizione per impedirgli di avere la conferma che tanto cercava.
    - Tra noi due non sono io l'assassina. -
    Nicholas estrasse la bacchetta e il cuore di Helen parve fermarsi.
    Per un attimo aveva creduto che fosse lei il bersaglio; suo figlio voleva solo sfidarla, e provocarla.
    Ma l'ira per aver perso una delle sue preziose creature fu vinta dalla sete di vendetta.
    Helen gli afferrò una mano tra le sue, e gliela portò sull'elsa del pugnale affinché la stringesse.
    Fece scivolare la lama fuori dal fodero e con un rapido scatto trafisse la propria carne in profondità, passando il fianco da parte a parte.
    Il dolore era insostenibile.
    Dischiuse le labbra annaspando alla ricerca d'ossigeno, la stretta sulla mano di Nicholas si fece nulla. Un alone scuro circondò l'elsa, estendendosi sul vestito.
    - Il mio bambino... eri l'unica cosa per cui valesse la pena vivere... -
    Le ginocchia cedettero. Socchiuse gli occhi e si lasciò andare.
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    “E' per aver dato ascolto ai tuoi consigli, per aver provato a seguirli, senza pormi mai domande, che sono a questo punto.”
    Helen fece un sospiro profondo. Guardò il figlio con occhi critici, e scosse piano la testa in un cenno di dissenso. Con la rassegnazione nella voce, contraddisse le dure e aspre parole di Nicholas.
    - Figlio mio... se avessi applicato i miei insegnamenti, a questo punto non ci saresti mai arrivato. -
    Per quanto Nicholas si ostinasse nel negarlo, Helen sapeva che, in cuor suo, lo pensava anche lui. Scaricare la responsabilità dei suoi sbagli sulla madre era solo un meccanismo di difesa per proteggersi dalla dura realtà dei fatti; se di quella storia c'era un vero responsabile, un vero colpevole, Nicholas non aveva di che guardare la propria immagine riflessa allo specchio.
    - Il tuo errore è stato non avere alcuna fiducia in me. In tua madre. Una madre non agirebbe mai per il male dei suoi figli, Nicholas. Tu sei l'unica cosa per cui io abbia mai provato orgoglio e l'unica che io abbia interesse a proteggere. Non ti fai vedere né trovare per mesi, mi neghi l'opportunità di vedere mia nipote... torni in casa mia con intenzioni ostili, mi punti il dito contro accusandomi per conseguenze che esulano da mie azioni. -
    Sottili erano le arti dell'inganno, arte nella quale Helen era maestra. Aveva visto in Nicholas un appiglio al quale aggrapparsi per sbrogliarsi da quella situazione scomoda, diventata quasi insostenibile, che vedeva madre e figlio nemici. Nicholas stava seguendo le stesse orme di suo padre; e l'altera Helen Sleiden non poteva accettarlo. Quel sudicio uomo non poteva anche da morto mandare in rovina ciò per cui Helen aveva combattuto e sacrificato per anni.
    - Parli di sofferenza... lo vedo, che soffri. Soffri per esserti allontanato da tua madre che era un punto fermo finché non sei stato tu a decidere di escluderla dalla tua vita. Pensaci, figlio mio. Sei arrivato al punto di impugnare la lama contro tua madre... tua madre. Non puoi neanche lontanamente immaginare come io mi senta in questo momento. E ti auguro di tutto cuore che tu non debba provarlo mai, perché vedere tuo figlio rivoltartisi contro ti spezzerebbe il cuore così come tu hai mandato a pezzi il mio. -
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    Helen lasciò il calice mezzo vuoto sul ripiano e attraverso il riflesso nel vetro della credenza guardò negli occhi suo figlio.
    Il suo sguardo era un libro aperto per lei, che non aveva più bisogno di alcuna conferma definitiva: Nicholas sapeva che sua madre era invischiata nell'alone di mistero che circondava la morte della sua amata. L'anello che le aveva donato come pegno d'amore era sparito perché in mano sua. Non poteva esserci altra spiegazione ragionevole.
    E se Nicholas era venuto là consapevole dello zampino di sua madre, era solo per un unico motivo: vendicare la sua amata impedendo ad Helen di nuocere oltre alla sua famiglia.
    Nella mente contorta di suo figlio era lei la cattiva, lei, la donna che lo aveva generato, che si era assicurata divenisse l'uomo fatto e finito che le stava davanti, e che si era preso cura della sua nipotina come se fosse una figlia, nonostante sapesse benissimo che condivideva il sangue sporco di quella strega.
    “Ah. Divertente. Ti preoccupi troppo a quanto vedi, e lo fai nei momenti sbagliati, madre.”
    Helen non si scompose. Avevano già chiarito più a sufficienza e quello era un problema che era stato accantonato ed etichettato come parte del passato. Tirarlo fuori in quel momento era scorretto e fuori luogo.
    - Hai intenzione di rinfacciarmelo a vita? - domandò retoricamente. Avere la memoria lunga era una caratteristica ricorrente nella famiglia Sleiden, al contrario dei Nickleby che tendevano ad averla corta. E a dimenticare troppo spesso che i debiti andavano ripagati.
    “Mia figlia è al sicuro lontano da persone che potrebbero causarle altro inutile dolore.”
    - Lontano anche dall'unica persona che ne ha avuto cura mentre suo padre si rifugiava nell'alcool. - replicò prontamente, con un tono tagliente.
    “Oh, ma comunque sono certo che le manchi. Esattamente come sono certo che ti sarà grata, enormemente grata... Per quello che tu hai fatto a noi.”
    Helen degustò un'ultima volta il vino. Quando ebbe finito ripose il calice vuoto sul tavolo e si voltò.
    Notò la mano di Nicholas stretta sull'impugnatura del pugnale, ma non si scompose. Al figlio mancava la freddezza per andare fino in fondo. Non avrebbe ucciso sua madre.
    - O per quello che tu hai fatto alla tua famiglia. Gli anni passano eppure non riesci ancora a vederlo. Non sono stata io a mandarti in prigione, Nicholas, e non ho responsabilità per la tua attuale latitanza. Nulla di tutto questo sarebbe accaduto se avessi seguito fin dall'inizio i miei consigli, e adesso mi accusi delle conseguenze dovute ad azioni intraprese di testa tua. Se vuoi trovare il vero responsabile, se così vogliamo definirlo, dovresti fare un po' di introspezione, figlio mio, e ti accorgerai che è stata ogni tua azioni ad attrarre il pericolo sulla tua famiglia. -
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    - Eppure il tuo comportamento non fa altro che smentirti. - lo rimbeccò, visibilmente infastidita. Spariva dalla circolazione per mesi senza mai dare sue notizie, le portava via sua nipote, perfino gli uomini che aveva messo sulle sue tracce non erano stati in grado di portare risultati soddisfacenti. Nonostante li avesse messi a guardia a tempo pieno si erano rivelati miseri incompetenti incapaci anche solo di capire l'attuale collocazione di suo figlio. Da una parte, tuttavia, questo l'aveva resa orgogliosa: significava che al di là dell'incidente col mezzosangue Nicholas era un assassino che sapeva il fatto suo, e sapeva come non rendersi rintracciabile.
    - Non lo mettevo in dubbio. - Helen si mosse. Avanzò con calma fino a raggiungere una credenza che conteneva un'ottima bottiglia di vino raffinato che adoperava per le occasioni speciali. La stappò, prese un calice di cristallo e se ne versò senza fretta, rilassata e al tempo stesso vigile in ogni sua mossa. Non ne versò anche per il figlio: non voleva incentivare i suoi problemi con l'alchol più di quanto non avesse già fatto Nicholas per conto suo.
    - Da un uomo fatto e finito non ci si aspetterebbe diversamente. - commentò. Rendere il terreno neutrale, fargli abbassare la guardia, era molto più complicato di quanto aveva previsto - e una sfida che Helen accettava più che volentieri: non poteva partire all'attacco senza prima avere la certezza assoluta e la conferma definitiva dei suoi timori. Mentre chiudeva di nuovo la bottiglia parlò dandogli ancora le spalle.
    - E' diritto di ogni madre accertarsi del benessere dei propri figli. Soprattutto se questi sono attualmente ricercati dall'intera comunità magica e hanno bisogno di appoggio - e nella preoccupazione era insito un rimprovero. Poteva essere morto, catturato, ma non cambiava che non gli importasse niente di metterne al corrente sua madre di tanto in tanto.
    - Non mi sarebbe dispiaciuto vedere anche mia nipote. -
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    L'anello era scomparso.
    Quando Helen realizzò che l'anello della defunta amante del figlio non era più al suo posto, né in qualunque altro posto della casa, comprese.
    L'allontamento del figlio e il seguente isolamento non erano stati una coincidenza dettata dal bisogno di solitudine per metabolizzare il lutto. Erano una presa di posizione consapevole. Nicholas vedeva in sua madre non più un appiglio al quale fare riferimento nei momenti di smarrimento: aveva aperto gli occhi sul suo conto, vedendola al pari di una nemica.
    Era passato così tanto tempo dall'ultima volta che le aveva dato sue notizie che il messaggio del silenzio fu chiaro: sarebbe stata solo questione di tempo prima che Nicholas avesse deciso di attaccare lei, la donna che per tutta la vita non si era preoccupata di altro se non di garantirgli un futuro lontano dal misero squallore di quello che avrebbe potuto dargli suo padre.
    Ed era il motivo per il quale Helen aveva preso l'iniziativa.
    La lettera che gli aveva fatto recapitare dal suo gufo reale lo invitava formalmente a tornare a casa.
    A permetterle di rivedere la sua nipotina, per verificare quanto fosse cresciuta e controllare che fosse in perfetta salute.
    Era il minimo, considerando che durante il periodo della rielaborazione del lutto era stata Helen a prendersi cura di lei, come se fosse stata sangue del suo sangue.
    Eppure lui si ostinava a negarle la sua presenza. Ancor prima che Helen andasse ad accoglierlo, era già al corrente che Nicholas era lì da solo.
    Nel suo elegante abito da sera, Helen lasciò il calice di vino sul camino della sua stanza, e accompagnata dai suoi fedeli Giunone e Ade non fece attendere il suo ospite.
    Appena Nicholas entrò nel suo campo visivo Helen cercò i suoi occhi.
    Irrazionalmente aveva sperato che l'anello non era stato ritrovato dal figlio. Ma più lo guardava, e più si convinceva che non vi fossero speranze per riparare al suo madornale errore.
    - Finalmente ti sei ricordato di avere una madre -
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    Helen seguì l'esempio della sua cara amica e si unì a fumare con disinvoltura, trovando il rito rilassante e propiziatorio per ritrovare la calma e la freddezza momentaneamente perdute. Da che ne aveva memoria non aveva mai commesso errori in vita sua, se si escludeva l'imperdonabile svista che aveva condotto al matrimonio con Nickleby. Dal suo ritorno a Londra, invece, non aveva fatto altro che tenere erroneamente il suo amato Nicholas sul filo del rasoio e il loro rapporto ne aveva risentito sempre più, fino a sfociare nella mancanza di fiducia da parte di Nicholas nei riguardi della donna che lo aveva generato e cresciuto affinché diventasse un uomo.
    Non esisteva sorte peggiore per una madre di perdere un figlio. Nicholas poteva non nutrire sospetti nel coinvolgimento di Helen nell'omicidio di Rahel, ma il suo allontanamento non era stato affatto casuale. Una madre lo sentiva nel sangue, quando qualcosa che riguardava i propri figli non volgeva per il verso giusto.
    - Ero certa di poter contare sulla tua affabilità. -
    Fu la sua risposta nel momento in cui Aristhidea decise ufficialmente di far parte del complotto.
    - Per quanto sia sicura che Nicholas non sospetti nulla, le sue reazioni costituiscono un campanello d'allarme in casa. La figlia dell'italiotta per alcune settimane ha abusato della nostra ospitalità; non ritengo sia una coincidenza l'aver fatto fagotto lasciando la stanza proprio nel momento in cui si è scoperto il cadavere di quell'indegna. Temo che presto anche la mia nipotina troverà collocazione diversa dal nostro manor. Se questo dovesse accadere, sarebbe la conferma che ho perso potere su mio figlio. In che modo reputi sia maggiormente efficace fare presa sulla sua coscienza? -
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    Helen non disdegnò affatto i riguardi riservateli dalla donna che poteva considerare come sua unica amica e alleata. Lo sguardo affilato perforava il nulla, oltre le spalle di Aristhidea; mentre con la mente riguardava le vicende delle ultime settimane, Helen rivolse un cenno del capo in direzione della padrona di casa, come segno di apprezzamento e gratitudine per l'aiuto imminente e per il raffinato sherry che avrebbe lenito temporaneamente le sue preoccupazioni.
    - Nicholas sa più di quanto vorrebbe dare a vedere. Se quel che dici è vero, porterà solo a due cose: diffidenza e sospetto nei riguardi di sua madre. Ammesso che sappia dove si trova il diario, di certo non sarà con me che condividerà questa informazione. -
    E lei non aveva la più pallida idea del modo più discreto con il quale distorcergliela. I suoi dipendenti si erano rivelati degli inetti: Helen aveva loro ordinato di seguire ogni minimo spostamento di Nicholas, e loro l'avevano ripagata con informazioni totalmente inesatte – ma questo si sarebbe ben ravvisata dal metterne al corrente Aristhidea, per una questione puramente d'orgoglio.
    Nicholas e il figlio della babbana, impegnati in una pacifica conversazione, ciascuno con la rispettiva figlia.
    Fandonie che superavano l'assurdo, inaccettabili.
    L'uomo che aveva cresciuto non avrebbe mai lasciato andare via Lucas senza avergli piantato un coltello in pieno petto, liberando, dopo aver posto fine alla sua esistenza, il suo Nicholas della presenza del fantasma di suo padre.
    Bisogna assolutamente che tu ritorni ad essere l’unica persona di cui può fidarsi.
    Helen annuì con un cenno del capo, bagnandosi appena le labbra con il sapore dello sherry. Era assolutamente d'accordo con lei. Di fatto, aveva già provveduto, per quanto riguardava eliminare una delle tre donne incluse nella lista dei suoi affetti più cari. Nella speranza che una volta fuori dai giochi anche la figlia dell'italiotta, Nicholas non avesse altri ai quali aggrapparsi eccetto sua madre. Ma la piega che stavano prendendo gli eventi era preoccupante per la sua instabilità e imprevedibilità.
    - La sgualdrina è fuori dai giochi - annunciò con fierezza.
    - Ciononostante, anche nella morte non smette di tormentarlo. Crede che la sua morte sia in parte sua responsabilità, per averla lasciata andare via. Anziché ravvicinarci, la scomparsa della ragazza lo sta allontanando sempre più da me. Naturalmente non ha individuato alcun collegamento che riporti a sua madre. D'altro canto, perché mai dovrebbe: si è trattato solo di un tragico incidente - Helen lasciò il calice di cristallo nel vuoto, poi proseguì.
    - Tuttavia, è ancora abbastanza viva da poter respirare. Ho bisogno di un posto sicuro dove poterla custodire, senza destare sospetti in Nicholas. E un modo per donare la stessa sorte alla Jamie adulta... sono ansiosa di sapere cosa ne pensi -
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    Come previsto dai suoi calcoli, la tanto temuta quanto attesa fine del governo dei mangiamorte era infine giunta.
    Le testate di cronaca non parlavano d'altro che la caduta di Moon e dei suoi seguaci, esaltando e osannando il ritorno delle legittime autorità. I mandati di cattura dei vecchi ricercati erano stati annullati, ripristinando, invece, i vecchi ordini.
    Tra i quali Nicholas M. Nickleby, il cui viso era stampato su uno dei manifesti dei ricercati, incollati sui pochi muri degli edifici rimasti intatti durante l'incursione dei draghi.
    Helen lo aveva messo in guardia, quando aveva ancora tempo per prendere una decisione, per ingraziarsi i tutori della leggere e risparmiarmi una vita da fuggiasco. Ma Nicholas era stato sordo ad ogni raccomandazione della madre, troppo occupato ad andarle contro per principio invece di fermarsi anche solo un attimo a pensare che Helen non avrebbe mai agito volendo altro che non il suo bene.
    Tirando le somme, Helen poteva dirsi scontenta del proprio operato.
    Sbarazzarsi di Rahel, a discapito delle sue previsioni, non aveva poi influito granché nell'influenza su Nicholas, dal momento in cui il ragazzo agiva ugualmente di testa sua, e senza alcun criterio a lui favorevole.
    La caduta del governo, tuttavia, le aveva garantito un certo vantaggio: le aveva dato la possibilità di guadagnare tempo per riorganizzarsi, e per agire nel migliore dei modi.
    Dal momento in cui ogni suo sforzo era valso a ben poco, se non a domare a stento il carattere ribelle del figlio, Helen dovette ammettere la necessità di un parere esterno: e chi altri a cui rivolgersi, se non all'unica persona dalla quale avrebbe potuto essere capita?
    Aristhidea era la conoscenza di Helen che fosse più vicina alla figura di un'amica.
    Condividevano sorte simile per quanto concerneva il pessimo destino al quale i figli stavano andando incontro.
    E, oltretutto, l'aveva aiutata a vendicarsi dell'ignominia causata dai continui affronti di quell'inetto di Maxwell.

    E’ un piacere per me vederti… amica mia.
    - E' passato troppo tempo dalla mia ultima visita. E ti ringrazio per avermi ricevuta con così poco preavviso. -
    Normalmente Helen non si sarebbe risparmiata in convenevoli, ma quella visita era diversa dalle altre. Dopo la morte di Rahel, Nicholas non aveva fatto altro che chiudersi in sé stesso; le difficoltà non l'avevano avvicinato a sua madre, ma alla figlia dell'italiotta e non poteva accettarlo; inoltre, non ne voleva sapere di occuparsi della sua bambina, probabilmente perché in lei rivedeva Miss Chanah. Timore stupido e infondato: quello splendore di creatura, nell'aspetto era tutta sua nonna.
    - La faccenda è grave. Nicholas sta percorrendo le stesse orme di quel pezzente di suo padre. Se non metterò presto le mani su quel diario, non solo non avrò la mia giustizia, ma rischio di perderlo per sempre. Ho bisogno di un parere fidato. E non esiste persona alla quale rivolgermi, più adatta di te. -
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    “Non... non lo ricordo.”
    Perfino quell'infido traditore che era stato suo padre sarebbe stato in grado di mentire meglio di come Nicholas stava facendo in quel momento. Helen avrebbe voluto mortificarlo ulteriormente ma la sua indole calcolatrice la costrinse a mettere da parte il rancore che in quel momento non avrebbe portato a nulla se non ad avere nuovamente suo figlio come nemico.
    Quei due le stavano nascondendo qualcosa, parole non pronunciate e sguardi complici che lasciavano chiare allusioni sul collegamento che avevano in merito all'aggressione di Nicholas aveva subito - perché solo di quello si poteva trattare: un'aggressione in piena regola che aveva sfiorato l'omicidio.
    Helen avrebbe mandato uno dei suoi servi a spiare le loro conversazioni, o lo avrebbe fatto di persona se ne fosse stata costretta.
    “Jamie resterà con noi. Non è un problema, vero?”
    "Spero non sia un problema. Al momento continuerò il lavoro a Magie Sinister, ma sono intenzionata a trovare dell'altro."
    - Ne abbiamo già parlato - puntualizzò, seccata per non essere stata evidentemente ascoltata.
    - E avevo già espresso la mia scelta favorevole al riguardo. - commentò ancora, lapidaria, rivolgendo uno sguardo di ghiaccio al figlio.
    Se avesse ripreso a trattarla senza alcun riguardo - come del resto stava facendo nel puntualizzare perennemente che la Lindey sarebbe rimasta a casa loro, ricondandole che non doveva essere un problema (come se Helen avesse mosso obiezione, tra l'altro) - Helen non avrebbe esitato a sbatterli fuori di casa entrambi.
    Helen ammorbidì lo sguardo quel tanto da non renderlo duro come durante il rimprovero al figlio.
    - Jamie ha ragione, sarà meglio che tu riposi. Potrete parlarvi più tardi. Nel frattempo potresti scegliere la tua camera e iniziare a sistemarvi le tue cose - allungò le braccia per prendere la piccola Harmony e invitò invitò la ragazza a precederla fuori alla stanza.
    Una volta chiusa la porta, Helen la condusse lungo il corridoio. Tre camere libere, Jamie avrebbe avuto un po' di scelta. E Helen trovò che avere la figlia dell'italiotta sotto il suo stesso tetto sarebbe costituito un vantaggio per lei, che avrebbe potuto sempre tenerla a vista d'occhio.
    - Vuoi provare a tenerla per un po'? - le domandò, per rompere il ghiaccio.
    - Ho l'impressione che Nicholas mi stia nascondendo l'identità del suo aggressore. Hai idea di chi potrebbe essere stato? -
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    Per quanto sembrasse che Nicholas avesse perdonato l'assenza di sua madre, Helen era totalmente convinta del contrario.
    Conferma dei suoi dubbi la creatura che stringeva con tanta cura tra le braccia su una delle tante panchine disposte nell'Hyde park: se di per sé la scelta di non dare alla bambina almeno come secondo nome quello della nonna era oltremodo oltraggiosa, scoprire che quell'onore era spettato alla figlia dell'italiotta l'aveva mandata su tutte le furie, tant'è che per almeno una settimana Helen si era comportata come se il figlio non esistesse in quella casa.
    Le attenzioni erano state rivolte tutte alla piccola Harmony, che in asseza dei genitori passava alle cure della nonna. Lo stuolo di elfi domestici che si occupavano della cura della casa non avrebbero osato posare le luride zampacce su quella che un giorno sarebbe stata la sua erede.
    Dunque, parte del pomeriggio era stato trascorso all'aria aperta del parco; era stata una splendida giornata di sole e il freddo del maltempo aveva dato loro tregua per qualche ora, motivo per cui Helen aveva coperto bene la nipotina insistendo con Nicholas affinché potesse prendersene cura rispettando il suo ruolo di nonna.
    La bambina sarebbe rimasta sempre sangue del suo sangue; non aveva colpa se la mamma era quella che era.
    Al tramonto, prima del calare della sera, Helen reputò che la giornata tra la natura poteva procedere al termine; giunta una certa ora avrebbe iniziato a far più freddo e sarebbe stato opportuno rincasare presto per non rischiare di far prendere ad Harmony un raffreddore.
    Quando la casa entrò nel suo campo visivo la donna arricciò le labbra e assottigliò lo sguardo, gesto marcato ancor più quando individuò la chioma rossa di Jamie Lindey chinata su una figura maschile. Cosa stava pianificando quella volgare strega?
    Helen proseguì spingendo in avanti la carrozzina e guardò con orrore suo figlio disteso sul portico.
    - Che cosa aspettate ad entrare? - Nicholas aveva le chiavi, soffermarsi a terra e così a lungo sul portico avrebbe dato di che spettegolare ai vicini. Helen non aveva inquadrato subito la scena; fu quando vide suo figlio respirare pesantemente e muoversi a fatica, e i segni di un primo soccorso, che la preoccupazione sciolse parte della sua maschera di ghiaccio, lasciando trapelare ansia.
    - Entrate, svelti - li precedette spalancando la porta affinché si stabilissero in casa, con la bambina ancora stretta fra le braccia. La carrozzina si sarebbe materializzata nello sgabuzzino.
    - Cos'è accaduto? - domandò mantenendo un certo distacco, quasi come se in risposta si aspettasse l'ennesima bravata del figlio, partendo prevenuta.
  14. .
    “C'è chi non è della stessa opinione.”
    - Mi risulta che l'opinione altrui non ti abbia mai frenato per questo, Nicholas -
    Helen accarezzò i folti capelli biondi del figlio, ferma nella sua opinione.
    Nessuno poteva giudicare l'operato del suo bambino.
    Tanto meno quella sgualdrina che lo aveva scelto come compagno. Se la signorina Davìd non era in grado di accettarlo così com'era e si ostinava nel volerlo cambiare, nel poterlo "salvare", illusione di tutte le donne con manie di protagonismo, la questione era semplice. Significava che non meritava l'affetto di suo figlio, e avrebbe solo facilitato il compito di Helen, sempre ostinata nell'allontanare da Nicholas le persone che avrebbe potuto danneggiarlo. Una volta separato da lei e con nessuno a darle manforte, sarebbe stato ancora più facile sbarazzarsi dell'ultimo ostacolo che impediva a Nicholas di essere sé stesso al meglio delle sue capacità.
    E l'operato di Helen avrebbe potuto considerarsi concluso in maniera soddisfacente.
    - - rispose semplicemente, accarezzandogli ancora una volta i capelli, in gesti materni che raramente gli aveva concesso da quando si erano conciliati dopo la fuga da Azkaban.
    - Non hai nemmeno bisogno di chiederlo. Ho promesso di non lasciarti più solo... e lo farò. Ci sosterremo l'un l'altro come abbiamo sempre fatto, tu ed io... non abbiamo bisogno di nessun altro -
    Madre e figlio, di nuovo riuniti. Per il bene della bambina. Per il bene della famiglia.
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    - No. - disse, risoluta. Suo figlio non era nemmeno lontanamente paragonabile al rifiuto umano che era stato suo padre. Molte erano le qualità che sua madre non era riuscita a trasmettergli, tra le quali spiccavano il senso del decoro e della misura, ma mai e poi mai Helen avrebbe considerato Nicholas un fallimento.
    Quando cominciò a farneticare di lasciare la bambina a quella donna insulsa qualcosa scattò in Helen, che colse in quelle parole la richiesta di aiuto di un figlio alla propria madre.
    E se lo conosceva bene come amava compiacersi, sapeva molto bene che si trattava solo di un attimo di sbandamento. Una volta rimesso in riga, non avrebbe più blaterato sciocchezze simili.
    Si avvicinò al figlio e prendendone delicamente il mento tra le dita lo costrinse a guardarla negli occhi.
    - Non seguirai mai le sue orme. - scandì bene le parole, rivolgendogli uno sguardo penetrante, e quand'ebbe terminato la frase lasciò che la sua mente assimilasse bene il concetto garantendogli alcuni secondi di silenzio.
    Helen poggiò il palmo della mano sulla guancia del figlio in un contatto materno che da tempo non gli concedeva. Doveva assicurarsi che capisse che non aveva nulla da temere; lei sarebbe stata al suo fianco se ne avesse avuto bisogno, seguendolo passo per passo e aiutandolo nella futura istruzione della piccola che lui avrebbe cresciuto, con o senza la compagna al suo fianco. Poteva farcela. Doveva solo rendersene conto.
    - Non si diventa genitori dal nulla, Nicholas. Impererai a gestire i tuoi tempi e i tuoi spazi, e a compiere delle scelte fondamentali in funzione del suo bene. E' un percoso che richiederà sacrifici, ma lo farai perché per lei, per un figlio, vale sempre la pena. Non lasciare che la tua bambina cresca senza un padre. -
37 replies since 11/7/2007
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